Le notizie delle guerre, degli omicidi estivi, del cambiamento climatico, queste notti tropicali che avrebbe avuto più senso passare in qualche giungla peruviana, in un villaggio, assumendo ayahuasca all’interno di cerimonie sciamaniche e concentrandosi poi sullo studio delle civiltà precolombiane, queste notti di un cielo violaceo e ricordi di fuochi e smarrimento nell’oblio che l’etere del subconscio creava, questi giorni dedicati all’ozio, al tempo per sognare in uno stato di semi incoscienza, arrivavano i ricordi, come sempre, quelli dell’infanzia, dell’adolescenza, di una casa in campagna ormai perduta nel tempo e per questo ancora più preziosa e suggestiva.
Qualcuno immaginava complotti planetari, come se ci fosse una narrazione segreta e invisibile che ci coinvolgesse tutti quanti, a volte composta da misteriosi fili che collegavano segmenti di eventi segreti, altre con il maniacale lavoro sui dettagli, affinché le storie fossero credibili, in molti ripetevano versioni differenti, fino a quando si strutturasse una trama plausibile, affidabile, da esibire in parole e foto attraverso i più svariati mezzi di comunicazione, il rincoglionimento globale continuava a pieno ritmo, lo scrittore pensava di nuovo a luoghi isolati nei quali smarrirsi dentro se stesso e lasciare alla propria fantasia il compito di pensare al resto.
Tra pochi giorni la città avrebbe cominciato di nuovo a muoversi: frenetica e paranoica. Sciami di persone verso la scuola o il lavoro. I soliti percorsi, le stesse direzioni di sempre. Lo scrittore apprezzava la quiete della stasi. Lo scrittore rimaneva ore a guardare le nuvole passare. Le loro forme, la loro sinuosa e mutevole bellezza. Altre identità verrano a cercarti e tu sarai loro e loro saranno te. E un improbabile intreccio nascerà da tutto quello che rimarrà al di fuori delle tue azioni.