domenica 6 ottobre 2024

ZetaElle #5

 Bolle di tempo nelle quali rimanere sospesi a raccogliere dati, a registrarli, a inserirli in possibili combinazioni psichiche e mnemoniche. Ogni volta che si cambiava ordine alle informazioni in nostro possesso diveniva evidente la possibilità di nuove configurazioni della realtà. Alcuni seguivano un approccio meno razionale e si affidavano a competenze sciamaniche, altri ancora preferivano il misticismo orientale, la meditazione e il controllo della respirazione e dell’energia sessuale. Bolle di tempo nelle quali osservarsi in un determinato punto del presente, prima che esso diventi passato o futuro e si perda nel flusso dell’esistenza. Riflessi negli specchi che rimandano un’immagine invecchiata. Altri in cui il riverbero dorato della luce dava una parvenza di gioventù a quello che eravamo diventati. E poi il ripetersi e il sapere di fare parte di questa ripetizione fino a quando ci avrebbero chiamato da un’atra parte. Zito Luvumbo aveva imparato a seguire questi richiami e a modellare la sua vita sulla presenza di questi voci, alcune inventate da suoi doppi, altre da chi gli diceva cosa fare e lo pagava per questo.

L’incontro con Hector Mosca avvenne all’interno di una stanza dell’ambasciata messicana, la giornata era calda, eravamo verso la metà di giugno e Zito Luvumbo si diresse verso Villa Torlonia, accanto alla quale c’era il palazzo dove avrebbe incontrato Hector Mosca. Le sostanze stupefacenti, in questo caso cocaina e eroina, seguivano i loro tragitti, misteriosi e sconosciuti alla maggior parte delle persone. C’era sempre il bisogno di tracciare nuove mappe e nuovi percorsi, in una continua trasformazione del mondo geografico in una serie di passaggi attraverso i quali far arrivare i carichi. Coperture diplomatiche e collaborazioni internazionali. Anche John Bosco partecipò all’incontro, perché una figura religiosa era sempre incline ad offrire un ottimo diversivo, un orizzonte sacro contro il quale la morale si appiattiva fino a diventare una linea di demarcazione lontana e irraggiungibile e quindi i loro atti sarebbe stati protetti e il significato delle loro azioni al sicuro da qualsiasi giudizio. 

L’aria condizionata era in funzione nella stanza in cui si incontrarono e una donna portò del caffè e attraverso i vetri la luce del giorno filtrava mentre erano seduti su comode poltrone di pelle e Zito Luvumbo pensò a tutti gli uffici in cui si era dovuto sedere ad ascoltare e pensò che le parole non erano altro che virus letali in azione, capaci di distruggere vite umane e di moltiplicarsi all’infinito. Victor Mosca bisbigliava, in una strana cantilena da insetto indifferente e le sue sembianze avevano qualcosa di febbrile reticenza verso il prossimo, come se si stesse trasformando nella sua prossima forma, quella di uomo devoto al silenzio e all’abisso di significati che esso racchiudeva. 

Furono presi accordi, anche se nessun documento venne firmato.  Si alternavano nella mente di Zito Luvumbo le pulsanti linee di un disegno molto dettagliato, una cartografia tridimensionale di paesi ancora sconosciuti, di una nuova ridistribuzioni di confini e frontiere, tanto che si chiese se non avessero aggiunto qualche sostanza al caffè che aveva bevuto. Nella stanza, ad un punto imprecisato della giornata, entrò anche il dottor Woyzcek, quasi un’apparizione trascendentale chiamata da forze invisibili, rimase per pochi minuti, raccontando una sua esperienza avuta con l’ayahuasca e ricordando ai presenti la necessità di compiere un periodo di ritiro , di almeno un paio di settimane, in qualche centro cerimoniale della foresta peruviana, per alleggerire il corpo e la mente dai carichi superflui delle ossessioni lavorative, consumistiche e capitalistiche - Un ritorno all’origine di noi stessi, uno spogliarsi degli strati di comportamenti compulsivi che non ci appartengono, un risollevarsi verso la purezza dimenticata all’essere, nella notte, nelle visioni, nei canti di un passato indecifrabile eppure così vicino alla comprensione del cuore di ognuno di noi. È quando inaridiamo dentro, disse il dottor Woyzcek, che dobbiamo domandarci cosa stiamo facendo e dove sia finita la sorgente della nostra energia interiore.


sabato 14 settembre 2024

ZetaElle #4

 Nelle mattine di quiete e luce Zito Luvumbo usciva dalla stanza del suo albergo e  passeggiava per le strade del quartiere, ancora silenziose e poi, dopo le sette, se ne andava ai giardini di Piazza Vittorio, si sedeva su una panchina e ripassava mentalmente le parti che avrebbe dovuto interpretare e i dialoghi che avrebbe dovuto recitare quando i giusti interlocutori si fossero presentati. Ogni intervallo di tempo racchiudeva una serie di passaggi, a volte sconosciuti, che lo avrebbero portato a quello successivo. Sarebbero così cambiati i luoghi d’azione e le finalità dei propri gesti. Nuovi contatti e nuovi schemi. 

Zito Luvumbo e John Bosco si incontrarono all’interno del mercato dell’Esquilino, rispettivamente nelle vesti di un rifugiato politico e di un religioso, parlavano mentre camminavano, fermandosi ogni tanto davanti a una bancarella, come se fossero interessati all’acquisto di qualcosa. C’erano messaggi che venivano comunicati tra le parole e i codici che Zito Luvumbo registrava da qualche parte nella sua mente. Codici che sarebbero poi diventati sequenze di gesti in situazioni successive o all’interno di scene oniriche. John Bosco era sorridente e proveniva da qualche paese africano. Le tecniche di guerriglia militare che in un periodo della sua vita aveva imparato venivano decodificate e assorbite dalle orecchie di Zito Luvumbo, mentre le paragonava con le sue e le sistemava in zone mentali, in cui l’azione era sempre accompagnata dalle armi e la violenza diventava un linguaggio che oscillava tra reazione e rivoluzione. C’era una storia mondiale che uomini avidi avevano inventato e che altri, meno legati a soddisfare il proprio ego, avevano cercato di cambiare e riscrivere, fino a quando il potere e le sue perverse logiche li avevano ingabbiati tutti quanti. Le prigioni fiorivano nelle menti e si trasformavano in ideologie e gli uomini, intrappolati in allucinazioni collettive, si abbandonavano all’inganno del momento, fino a quando quello successivo sarebbe arrivato.


domenica 1 settembre 2024

ZetaElle #3

 Alcune mattine Zito Luvumbo si alzava molto presto e vedeva la luce del giorno arrivare piano nella sua stanza e lentamente illuminarla. E rimaneva come in uno spazio mentale sospeso, che si riempiva di ricordi perché le aspettative e i progetti appartenevano ad un altro ordine del tempo e delle cose. Ricordava i giorni della sua infanzia e quelli della giovinezza e la distanza da essi e anche le storie che qualcuno aveva scritto per lui e le identità che lo avevano sedotto e quelle da cui era rimasto disgustato e i vari passaggi da una all’atra, come i cambi scenici nei sogni e gli incontri e i luoghi in cui si ritrovava a vagare prima del risveglio.

Zito Luvumbo era all’interno degli scantinati di un grande palazzo d’epoca in rovina, tra i calcinacci e i resti dei lavori di ristrutturazione che operai invisibili stavano portando avanti. Operai che sarebbero apparsi solo dopo, quando Zito Luvumbo sarebbe stato sul punto di uscire da quel palazzo, seduti in fila su un muro, a parlare o fumare sigarette, in attesa di qualcosa o di qualcuno. Negli scantinati Zito Luvumbo aveva incontrato un uomo cinese e con lui aveva conversato in italiano, una lingua che al momento il suo personaggio sapeva parlare correttamente. L’uomo, che sembrava occuparsi di affari, lo aveva accompagnato attraverso un grande cortile dall’assetto decadente in un’altra serie di stanze che si aprivano nel sottosuolo e lì lo aveva fatto sdraiare su un letto. Dopo pochi minuti era stato raggiunto da alcune ragazze orientali che quasi immediatamente gli avevo mostrato le loro grazie e sussurrato nelle orecchie le loro proposte. Lo avevano accarezzato ed eccitato, sfiorandolo con le loro dita che sapevano sempre dove toccare. Zito Luvumbo le aveva lasciate fare, sentendo l’energia sessuale scorrergli dentro. Ebbe una erezione e si chiese a quale perversione avrebbe potuto cedere senza perdere il controllo di se stesso. Le ragazze ridevano e una di loro tornò con un cazzo di plastica attaccato ad una cintura e tentò di infilarglielo nel culo. Zito Luvumbo adesso era un altro e l’altro pensò che erano giorni che non aveva un orgasmo e ripassò nella mente la lista dei suoi piaceri proibiti. Poi le immagini sfumarono e ad un tavolo Zito Luvumbo era di nuovo con l’uomo cinese e stavano parlando di affari. L’uomo beveva champagne da una coppa di vetro, ne offrì una a Zito Luvumbo che rifiutò, rimanendo in silenzio ad ascoltarlo. Poi era fuori dal palazzo, lontano dagli operai in attesa, vagava per la città, cercando di raggiungere il luogo che l’uomo cinese gli aveva rivelato prima che si separassero.


mercoledì 14 agosto 2024

ZetaElle #2

 A volte Zito Luvumbo se ne stava seduto per ore su una delle panchine dei giardini di Piazza Vittorio, parlando con altri stranieri o rimanendose in silenzio a contemplare gli alberi e i palazzi e i cambiamenti della luce. E in quei momenti ricordava: volti, espressioni, corpi e addii. Le separazioni soprattutto sembravano quelle che la sua memoria rielaborava in sequenze mentali, alle quali Zito Luvumbo si abbandonava con gli occhi chiusi. Arrivavano anche odori lontani ed echi di discorsi a trovarlo e lui li lasciava passare e di rado si perdeva in un labirinto di malinconia perché il presente gli era intorno e il passato sarebbe svanito e con esso tutte le identità che aveva creduto di possedere o che qualcuno gli aveva narrato affinché le imparasse  e le facesse sue. 

C’era stato un tempo in cui era stato parte di una famiglia o nel quale aveva capito e provato cosa significasse quella parola. Poi quei legami si erano affievoliti, fino a sciogliersi. Poi erano arrivate catastrofi, guerre e carestie. Erano stati costruiti campi profughi e zone di interesse. I conflitti si ripetevano all’infinito. Zito Luvumbo aveva fatto parte di combattimenti, con divise militari o senza di esse, aveva avuto una moglie e dei figli e ancora adesso ripeteva mentalmente i loro nomi, come se accarezzarne il suono significasse averli vicini. Era stata una sfida superare il sordo muro di ogni dolore e trasformarlo in una storia diversa, estranea, che gli conferisse il potere di essere un altro, all’interno della quale fosse possibile superare lutti e disgrazie e ridefinire la parola amore senza che potesse più ferire il suo cuore. Ombre e luci. Come quelle che si inseguivano e vibravano e danzavano davanti ai suoi occhi. Il riverbero del deserto. Le stelle nelle notti di veglia e preghiera. Tutti quei corpi che non potrà toccare mai più.

Un uomo si sedette vicino a Zito Luvumbo e i due parlarono in arabo e poi l’uomo gli passò una cartellina con dei fogli e alcuni documenti. Dei bambini giocavano e dei ragazzi ridevano e scherzavano. La vita era un inganno. E ogni inganno una vita da inventare.


lunedì 29 luglio 2024

...

 "Se Bozena fosse stata bella e pura, e se lui, in quel periodo, fosse stato capace di amare, forse l'avrebbe morsa, rendendo a lei e a sé la voluttà intensa fino al dolore. Perché la prima passione che insorge in un adolescente non significa amore per una donna, ma odio per tutte. la consapevolezza di non essere compreso e di non comprendere il mondo, non è una caratteristica, fra tante, del primo amore, ma la causa unica di esso. E quell'amore è una fuga, in cui l'essere in due significa solo un raddoppio di solitudine.
La prima passione, di solito, non dura a lungo e lascia un gusto amaro. Essa è un errore, una delusione. Una volta superata, non comprendiamo noi stessi e non sappiamo a cosa darne la colpa. Questo, perché i personaggi del dramma, per lo più, si uniscono accidentalmente, sono compagni di fuga occasionali. Alla prima sosta, non si riconoscono più. Scorgono quello che li oppone, perché non vedono più quanto hanno in comune.
Con Törless andò altrimenti, soltanto perché era solo. Quella mondana attempata e decaduta non potè toccarlo nel profondo. Ma era abbastanza donna, tuttavia, per fare salire precocemente alla superficie del suo animo caratteri che attendevano il momento della fecondazione, come germi maturi.
E poi i prodotti della sua immaginazione, le tentazioni della sua fantasia. Ma a volte era tentato di buttarsi per terra e di gridare dalla disperazione."

Robert Musil
Il giovane Törless

lunedì 22 luglio 2024

ZetaElle #1

 Continuerai a scrivere perché qualcuno ha deciso che questo sarebbe stato il tuo destino - Alcune delle mie foto erano in una stanza di un albergo, appese alle pareti e non ricordavo perché mi trovassi lì insieme a loro ma sapevo che dovevo prendere un aereo e non avevo idea di come avrei fatto per riportarle indietro, forse avrei dovuto spedirle a quell’indirizzo che pensavo fosse quello della mia casa ed è arrivato Marco e mi ha detto di sbrigarmi e c’erano residui di discorsi notturni che galleggiavano innocui da qualche parte mentre aprivo la finestra per vedere in che città mi trovassi ma le linee architettoniche dei palazzi erano sconosciute e la luce opaca e forse avrebbe piovuto e bisogna muoversi, così ho fatto una doccia e mi sono vestito e ho preparato la mia borsa, sperando che le foto, in qualche misteriosa maniera, sarebbero di nuovo apparse sui muri del mio appartamento a Roma - Lorenzo era ancora perduto in qualche sogno acido, probabilmente andato a male e prima di vederlo ho riconosciuto la sua voce che mi è arrivata come un sussurro dell’adolescenza nelle orecchie e poi ho intravisto il suo profilo e sembrava stranamente uguale a quello di trenta anni fa, una sigaretta fra le labbra mentre stava parlando con un tipo non proprio raccomandabile pieno di tatuaggi che gli arrivavano fino alla testa rasata, droga, come al solito, ho pensato - Zito Luvumbo era arrivato in Italia su uno dei centinaia di barconi che ogni anno cercavano di sbarcare a Lampedusa, senza documenti, senza soldi, con una identità segreta che con il tempo avrebbe ricostruito e modificato a seconda delle esigenze. Aveva dovuto seguire la stessa trafila di tutti per ottenere un documento, dormire nei centri di accoglienza, vagare durante il giorno nelle città, imparare qualche parola della nostra lingua. Zito Luvumbo sapeva che apparire spaesato e innocuo, fragile e in fuga era la maniera migliore per mimetizzarsi con gli altri, aveva raccontato una storia davanti alla commissione per il riconoscimento dello stato di rifugiato politico che qualcuno aveva scritto per lui, che aveva imparato a memoria provandola e riprovandola nei momenti di solitudine, che erano stati molti e senza troppi problemi aveva fatto propria una narrazione che faceva del viaggio e della perdita i suoi temi principali. Insieme alla violenza, al dolore e alla speranza. 
Finito l’iter burocratico, ottenuto l’asilo politico, uscito dal centro di accoglienza, Zito Luvumbo venne contatto da un uomo, dal quale ricevette dei soldi e alcuni ordini. Prese una stanza in un albergo economico dalle parti di Piazza Vittorio, dove rimase per circa un mese, prima di far perdere le sue tracce. Passava le sue giornate nei giardini di Piazza Vittorio, dove parlava con altri stranieri, Zito Luvumbo si era così riappropriato di un’altra identità, quella in cui sapeva parlare diverse lingue, che gli permettevano di creare contatti, di scoprire, di controllare, di archiviare, di collegare. Quando tornava nelle sua stanza scriveva degli appunti, in codice, su alcuni quaderni che aveva comprato. Scriveva delle storie, dei racconti, in cui la finzione non era altro che una chiave di lettura segreta della realtà. Zito Luvumbo sapeva muoversi. E il quartiere stava cominciando ad imparare a farlo insieme a lui.

mercoledì 26 giugno 2024

dream #145

 Gli occhi chiari di un ragazzo arabo mentre mi sta parlando e non capisco nulla di ciò che sta dicendo e una spiaggia su cui altri ragazzi hanno catturato un gigante gabbiano e lo stanno uccidendo a colpi di remi, per poi legarlo a una tavola da surf e dargli fuoco, una scena violenta e raccapricciante, il gabbiano in agonia, le urla silenziose di chi sta partecipando e osservando e io sono nell’aula di una scuola e apro la finestra e mi sporgo e cerco di gridare, di fargli capire di smetterla ma la mia voce è senza suono e le mie labbra si muovono come in una pantomima muta - Seduto in una sala, di notte, davanti ad uno schermo, mentre altre persone scivolano intorno in quella che potrebbe essere l’area di un museo o di una villa e ci sono immagini di film che non sono molto interessato a vedere e arriva Lynn portandomi degli auricolari affinché possa ascoltare dialoghi inesistenti o forse perché i nostri lontani discorsi divengano di nuovo reali e scorrono nella mente alcune immagini dei nostri incontri per poi sfumare nell’intreccio di altre storie e sconosciute sequenze - Marco e Lorenzo vagavano all’interno delle stazioni metropolitane, nell’ipnotica intenzione di girare un film, aggrappandosi a frammenti di imprevisti e tentazioni lisergiche e Lorenzo portava un casco che ne nascondeva i lineamenti e incontri con sconosciuti che svanivano nell’oblio delle gallerie sotterranee - Nella stanza c’era una barocca struttura architettonica con tubi blu che si intrecciavano e qualcuno parlava di anarchia e giustizia e dei sogni perduti di un mondo migliore, quelli che appartengono alla giovinezza e non andrebbero mai dimenticati, prima che i colori delle passioni si sciolgano nel bianco e nero dei ricordi che ne catturano l’essenza e la rielaborano nel tessuto onirico di nuovi fotogrammi in arrivo, come i treni nel reticolo sotterraneo dell’inconscio, quando non esistono più mappe da tracciare e smarrirsi è l’unica maniera per proseguire, di passaggio in passaggio, risveglio dopo risveglio, una labirintica e infinita fuga e il tuo volto addormentato sulla superficie amniotica di un’istante svanito, i tuoi che si allontanano, perché sia presente e sconfinata la tua essenza nel centro scuro e palpitante del mio cuore.

sabato 8 giugno 2024

dream #144

 Vicoli di piccoli paesi in cui camminare e forse perdersi. Improvvise aperture su paesaggi campestri mentre le ore dell’alba e del tramonto si alternano con i respiri. Qualcuno mi aveva invitato a una festa, dove ero arrivato portando una busta con un paio di bottiglie di vino. Nelle stanze si parlava di politica, di anarchia, di musica, di cinema, di arte. Eppure le bocche, in alcuni momenti, rimanevano mute e i pensieri si affollavano nella mente in sequenze ipnotiche e divertenti, un senso di allegria sul fondo delle cose trasformante in immagini mentali, mentre lo stomaco metabollizava i resti dei funghi allucinogeni e le prospettive delle stanze lentamente si deformavano e le pareti diventavano luminose e palpitanti. E mi sono ritrovato su un letto e una ragazza era stesa sopra il mio petto, mi stava sussurrando qualcosa e io le accarezzavo i capelli. In un’altra stanza mi avevano fatto un pompino ed ero esploso in bocca alla troia di turno. Poi mi ero ritrovato da solo, mi sentivo stanco e le immagini sono sparite e il vuoto era silenzioso e amniotico. Ho sentito qualcuno chiamare il mio nome e ho aperto gli occhi ed era buio e nella casa non c’era nessuno, la porta della stanza era chiusa, ci sono passato attraverso e mi sono ritrovato per strada. Non sapevo che ora fosse e il tempo non sembrava avere importanza, le dimensioni continuavano a sciogliersi e poi i fotogrammi sono tornati nitidi, una musica arrivava da lontano e mi sono incamminato per raggiungerla.

venerdì 17 maggio 2024

dream #143

 Su una spiaggia, in una località balneare, lungo le coste del Galles, ero da solo e mi sono tuffato nell’acqua, c’erano delle correnti che hanno iniziato a trascinarmi con loro e riprese aeree del mio corpo nel mare e i miei respiri e la paura e poi mi sono ritrovato a terra, mentre camminavo in un paese totalmente sconosciuto, con indosso un costume e una maglietta e ancora il timore, il panico di non sapere dove essere, di non avere soldi, di non riuscire a tornare indietro - Ho incontrato alcune persone dentro un locale nel quale mi ero fermato e ho parlato con loro e mi hanno invitato nella loro case e gli ho chiesto dove eravamo e loro mi hanno mostrato una mappa sulla quale non riconoscevo nomi e geografie e chiedevo se fossimo in Galles anche se avevo dimenticato come si chiamavano i posti dove avevo vissuto e dai quali mi immaginavo di provenire - Ho raccontato la mia storia, la mareggiata, ma mancavano i particolari e la mia memoria sembrava malleabile e scivolosa, composta da una sostanza mutevole e oscura, non ricordavo, non riuscivo a ricordare chi fossi - Poi sono arrivate altre persone e ci siamo seduti a una tavola e c’erano cose da mangiare e una bambina che sgambettava fra di noi e poi ho chiesto ai presenti se volessero guardare le mie foto, che sono apparse all’improvviso sullo schermo di un televisore e anche queste immagini mi sembravano estranee, anche se in bianco e nero e simili ai miei scatti e alcuni erano dei nudi, quasi pornografici e poi mi sono alzato per andare a pisciare e nel bagno c’era un letto e altra gente che continuava a entrare e a parlarmi fino a quando qualcuno ha detto che era arrivata una donna, che aveva chiesto di me e che adesso stava venendo in casa e poi ti ho vista ed è stato innegabile il mio stupore, che fossi tu l’unica persona venuta a cercarmi e allora ti ho chiesto perché ero lì, che cosa era successo e tu mi hai raccontato una trama che non corrispondeva con quella della mia mente obnubilata ma ti ho seguo lo stesso, perché volevo andarmene e siamo saliti sulla tua vecchia auto e abbiamo attraversato strade e visto stazioni dei treni e un parcheggio in cui ci siamo fermati e tu sei diventata un’altra e allora un ricordo è sbocciato nel cuore e ho rivisto me stesso in tutte quelle occasioni in cui avrei voluto amare qualcuno senza riuscirci e la gabbia dei sentimenti silenziosi e quelli che anche la voce, con le sue bugie, non poteva esprimere ma solo gli occhi e gli sguardi, con la loro meraviglia e la loro luce, mentre la realtà svaniva e nuovi scenari confondevano i sensi.

venerdì 3 maggio 2024

freewheelin' #82

 Le notti diventavano più brevi e il sonno si popolava di sogni e fra le loro storie c’eri anche tu, il tuo volto e il tuo corpo ma non i tuoi occhi ed era un toccante mistero come a distanza di decenni alcuni dei miei sentimenti fossero rimasti intatti, quelli di quando ero un ragazzo e fra le macerie del tempo, dopo che ogni relazione era crollata, quel luogo emotivo, oscuro e pulsante, non era cambiato ed entrandovi le fotografie appese ai muri prendevano vita e con esse i ricordi e quello che era stato e mai sarebbe tornato. 

Eri venuta a sdraiarti vicino a me e ti stavo accarezzando la pelle, la schiena e il collo e quel punto magico dove iniziavano i capelli e forse è vero che le prime volte in cui l’amore viene a trovarci saranno quelle che gli daranno forma e se fra di esse abbiamo conosciuto il richiamo tenebroso del dolore allora sarà la sofferenza a modellare i palpiti del cuore e dei suoi desideri.

Eravamo in silenzio e sentivo la presenza del tuo corpo, continuando a sfiorarti con la punta delle mie dita e poi Valerio ci ha detto qualcosa e così ci siamo mossi e poi eravamo per strada, vicino ad una machina, c’era luce e mi stavi parlando e poi ti sei piegata e il tuo culo era molto invitante e poi non c’erano più certezze e il traffico del cuore ha cominciato il suo frenetico movimento e avrei solo voluto allontanarmi e svanire senza sapere, però, come fare.

In una stanza stavano proiettando un film in arabo, mi ero seduto e Iman era rimasta in piedi, leggermente piegata davanti al proiettore in modo che una parte del fascio di luce e di immagini ne ricoprisse un lato del volto e del corpo, colorandoli, dando a questa situazione una parvenza di meravigliosa psichedelica e poi la sua voce si è sovrapposta a quelle delle persone del film, che sembrava un documentario e io ascoltavo i suoi discorsi rivoluzionari e pensavo che avesse ragione e c’era una inaspettata forza nel modo in cui parlava, nei riflessi dei suoi occhi, nel fuoco delle sue parole.

Ero in macchina, fermo e stava piovendo leggermente e nei campi davanti al parabrezza avevano piantato dei giovani alberi, in file asimmetriche che si snodavano nell’erba, il cielo era grigio e il verde scuro e profondo, un mondo in uno sguardo, uno sguardo che diventa il mondo.


ZetaElle #5

  Bolle di tempo nelle quali rimanere sospesi a raccogliere dati, a registrarli, a inserirli in possibili combinazioni psichiche e mnemonich...