Avevamo passato una bella giornata insieme al mare, vicino Torvajanica, nel posto dove andavamo di solito, avevano smantellato i chioschi però si potevano ancora affittare lettini e ombrelloni. Era estate e il mare e le onde e i profumi delle dune e delle creme segnavano uno scenario sensoriale che amavo profondamente come buttarmi nell’acqua per poi stendermi al sole ad asciugarmi e abbronzarmi. C’erano in queste sensazioni tutte quelle delle estati precedenti, di quando ero bambino e poi adolescente. Luoghi diversi, spiagge differenti eppure la pelle e il corpo ricordavano ogni singola volta che avessi passato del tempo in riva al mare, da solo o in compagnia. Intorno la gente parlava, alcuni a voce alta, altri ridevano o scherzavano, io e Sabine ce ne stavamo sdraiati a leggere, a fare le parole crociate o a chiacchierare senza troppi pensieri per la testa. Poi chiudevo gli occhi e mi immaginavo di nuovo in viaggio. Il tempo rallentava insieme ai respiri, al moto delle onde, al calore che ci avvolgeva. Guardavo Sabine e mi tornavano nel cuore tante delle cose che avevamo fatto insieme, i mesi che era stata a casa mia a Roma. Poi il suono di una risata, un cane che abbaia, gli strascichi di vecchie storie che mi ero stancato di ascoltare, ho fatto una foto a Sabine e le ho dato un bacio sui capelli. Sapevano di mare. Ero felice. E ho sussurrato allo scrittore di tenersi stretto questo momento di luce e candore prima che il domani lo portasse via con sé.
La scimmia sulla schiena
(scrittura, storie, sogni, sostanze e sperimentazioni)
sabato 8 novembre 2025
NPK #5
martedì 4 novembre 2025
NPK #4
Lo smarrimento cognitivo continuava lungo il grande raccordo anulare, dove erano stati avvistati uomini che camminavano in uno stato di delirio allucinatorio, giravano poche notizie su nuove droghe a basso costo ma dagli effetti devastanti, cortocircuiti psicotici, circonvallazioni e tangenti mentali in cui si ci perdeva, nel rischioso cammino sotto il sole verso un’uscita inesistente, a meno che non si scambiassero quelle del raccordo per improvvise aperture verso dimensioni diverse, nelle quali reinventarsi oltre l’orrore di essere sé stessi.
Poi le immagini di film mai girati, di corpi ritrovati a villa Pamphili, di truffe e segreti, di centinaia di migliaia di euro intascati per una pellicola mai prodotta, le fughe e i cambi di identità, la trama segreta, in questo plot da tabloid estivo lo scrittore scrutava una linea di possibili avvenimenti che avrebbero dovuto diventare una storia, un romanzo, una sceneggiatura. Dove ci saremmo potuti spingere come esseri umani, come razza, come specie? In una spirale autodistruttiva, dove la devastazione delle terre rimaneva uno strumento di espressione della nostra natura, il mondo stava sconvolgendo però tutti i nostri piani perché noi stavamo distruggendo il suo ciclico passare, estinzione era una parola che affiorava spesso dal vuoto del pensiero, una visione di una catastrofe climatica e di un nuovo incontaminato inizio senza di noi.
Il sentimento dell’estate non mi afferrava più il cuore, però avrei voluto lo stesso starmene in disparte in una piccola casa sul mare, anzi a dirla tutta avrei proprio voluto cambiare di nuovo vita e sparire nei miei luoghi di immaginazione e condurre un’esistenza ai margini di questi territori di fantasia. Eppure l’estate era qui e il sangue scorreva nelle vene e mi piaceva rimanermene steso sul divano, anche con il calore che faceva, a leggere e a pensare che tra non molto anche questa parentesi di tempo si sarebbe chiusa e rileggendo queste parole io sarei stato altrove, come spesso ripeteva lo scrittore, in uno spazio di attimi in movimento da riempire con le mie poesie.
mercoledì 22 ottobre 2025
NPK #3
Lorenzo arrivava sempre in bicicletta, in diversi vestiti e personaggi, con echi di Hunter S. Thompson nella sua fisionomia e pensavo anche al dottor Hoffman che aveva avuto la sua prima esperienza lisergica proprio mentre stava pedalando verso casa - Ci prendevamo una birra e chiacchieravamo liberamente di quello che ci veniva in mente oppure rimanevamo in silenzio o scattavamo fotografie quando la luce prendeva il sopravvento sulle nostre percezioni - E c’era stata una manifestazione a cui avevo partecipato, portando uno striscione e la bandiera anarchica e faceva caldo e c’era molta gente e buone vibrazioni e sudavo e camminavo e parecchie persone si sono fermate a fotografarmi e poi un ragazzo mi ha passato una Peroni gelata, uscita fuori da chissà dove e me la sono scolata in meno di cinque minuti, così tutto è diventato più leggero, fluido e veloce e poi la sera ci siamo ritrovati al Bakunin e qualcuno ha cucinato e sono arrivate altre birre e poi è iniziata una discussione sulla politica e sui ricordi di avvenimenti del passato, stragi, agguati, depistaggi, movimenti sovversivi, bande armate, gruppi extraparlamentari, tutta una spirale di violenza e follia che aveva portato una marea di morti di cui neanche ci si ricordava più il nome - E poi un’altra proiezione di me stesso stava vagando per Testaccio in attesa che le sostanze facessero effetto e c’erano immagini distorte del Gazometro e le ombre sembravano assumere strane profondità e avrebbero potuto parlare o per lo meno le loro forme diventavano quelle di una bocca sul punto di dirmi qualcosa o divorarmi, così ho cercato strade già silenziose e vuote, anche se quella sensazione di smarrirmi non mi abbandonava, alcune panchine parevano corpi ubriachi svenuti e le facciate dei palazzi, con le loro serie di mattoni, costruivano composizioni mentali di architetture liquide e invitanti, chissà cosa sarebbe potuto succedere all’interno di quelle stanze, le solite intuizioni: traffici, sadomasochismo, droghe, incontri, luci rossastre, materassi stesi per terra, candele, cuscini, corpi magnetici.
Lorenzo è passato con la sua bicicletta dirigendosi verso mete sconosciute, ho abbandonato il mio doppio per ritrovarmi sul terrazzo di casa, faceva ancora caldo e la luna era una falce nel cielo notturno della città. Ho acceso una canna e ho fatto qualche tiro. Il giorno dopo sarei andato al mare, volevo vedere le onde e sentire il calore della sabbia e sciogliermi nel ciclico respiro dell’acqua, nel ripetersi della vita, testimone di una storia inventata, di un’esistenza che sapeva sempre dove nascondersi per il semplice gioco di non lasciarsi più ingannare.
domenica 12 ottobre 2025
NPK #2
Poi abbiamo cenato in un ristorante eritreo e si sono aggiunte altre persone e qualcuno raccontava storie di scuole di periferia, di ragazzini cocainomani e sbruffoni, violenti e senza regole, figli di pregiudicati che venivano in classe e facevano il cazzo che volevano, a volte avevano coltelli, più raramente pistole, non quelle vere, ma molto simili, che cazzo di situazione, che razza di bucio di culo uno si sarebbe dovuto fare per provare a insegnare lì dentro, eppure qualcosa mi affascinava, forse il rischio di affrontare un’esperienza così estrema e vedere se avrei avuto il coraggio di provare a cambiare la situazione o se mi sarei semplicemente adattato a quello che avrei trovato - Erano arrivati messaggi indesiderati di gente con cui avevo perso i contatti, vecchi compagni di scuola di cui non me ne fregava più un cazzo e che non volevo assolutamente rivedere, come avevano avuto il mio numero? Perché si ripresentavano come fantasmi del passato? Avevo silenziato la chat nella quale mi avevano inserito, poi ero uscito dal gruppo e vaffanculo - Faceva caldo il giorno e i pensieri cominciavano ad evaporare, a svuotarsi o a sciogliersi in serie e sequenze di frasi sconnesse che borbottavo fra me e me - Il mondo stava deviando verso una nuova deriva di guerre e follie, non c’era via d’uscita, non c’era soluzione, le piante di marijuana stavano crescendo bene, promettendo un’ottima estate che avrei passato da solo, a fumare sul balcone, a guardare le stelle, a guardarmi dentro, a rimanere fermo proprio quando ognuno fremeva dal bisogno di muoversi senza neanche sapere più dove andare.
sabato 4 ottobre 2025
NPK #1
Le mattine rinchiuso in casa, quelle passate a scrivere, altre a masturbarsi. Le mattine limpide, quelle con i postumi, i giorni che si muovevano lenti in un sudato scivolare di ore, le sensazioni tattili dell’estate quando ogni contatto diventava più sensuale, gli occhi che parlano, gli sguardi che seducevano, l’attesa della sera, di un nuovo incontro, di un’ennesima solitudine.
Allucinazioni metropolitane, insani ingorghi stradali, la città impazzisce tra incidenti invisibili e barbarie sonora, orde di motorini impazziti, macchine e autobus fermi, strombazzare snervante, l’ansia del ritardo, l’accalcarsi di gambe e culi e schiene e capelli, il manifestarsi del sudore tra impazienza, caldo e nervosismo - Le immagini ad alta definizione nei sogni, di boschi e temporali, di fulmini come fossero suture elettriche nella notte e poi fotografie in bianco e nero, di campi arati, di campagne, di colli, di fiancate, di vallate, graffiate e astratte, in una rappresentazione primitiva e violenta del mondo.
Le cene nei ristoranti africani insieme a Marco e a Lorenzo, mentre ascoltavo le loro storie e i ricordi, mentre parlavamo di cinema e anarchia, forme di autosufficienza e acido lisergico, altre volte ci ritrovavamo in una vecchia sede dei compagni e proiettavamo film e ci perdevamo in quello che vedevamo per poi riemergere e rimanere in silenzio, alcuni attimi, elaborando mentalmente quanto visto attraverso nuovi codici interpretativi, eravamo sempre in pochi, sempre gli stessi, qualcuno si addormentava, qualcuno stappava un’altra birra, erano serate che mi sembravano come un’oasi di libertà e resistenza, senza nessuno che mi facesse domande o si aspettasse che parlassi, me ne rimanevo zitto, ogni tanto sparavo qualche stronzata, la luce dell’estate stava arrivando e ogni cosa, nel tardo pomeriggio sembrava brillare, i corpi magici delle ragazze, così invitanti eppure senza più nessun potere, si palesavano nella loro fulgida bellezza, nella loro gioventù come apparizioni apollinee, le guardavo, poi alzavo gli occhi al cielo, un giorno, un giorno, non ci sarei stato più, un avvolgente vuoto, una placida quiete, la morte dava spessore alla vita e ne sembrava la degna conclusione, ho dato un altro sorso alla birra, era quasi finita, Marco mi ha fatto un sorriso, sarebbe andato a prenderne un altro paio non appena avessi terminato la mia.
martedì 2 settembre 2025
Warsaw #4
Una volta dentro al quartiere lo scrittore iniziò ad adocchiare i soliti miserabili che ciondolavano nel bianco delle strade in attesa che arrivassero, in qualche imponderabile modo, i soldi per l’alcol e le droghe. E qualcosa nel cuore dello scrittore scattò e pensò che non voleva più fare parte di questi tristi scenari e che era stanco dei soliti intrecci narrativi che lo vedevano vagare in zone squallide e desolate, lerce e degradate, si sentiva logorato da quella deriva umana e intanto la sua testa si faceva più leggera e anche il suo corpo sembrava stesse perdendo consistenza e allora lo scrittore chiuse gli occhi e senza accorgersene, senza avere l’impressione di muoversi, quando li riapri si ritrovò a camminare fra i piccoli viali del parco Lazienki, con Sabina al suo fianco, in una serie di immagini in cui si sentiva calmo e a suo agio, circondato da comitive di alberi, alcuni molto alti, pieni di foglie che vibravano nell’oro dell’aria di un tardo pomeriggio di primavera e lo scrittore si scoprì felice di fare parte di quell’improvviso incanto e si chiese se non sarebbe stata più facile la sua vita se avesse lasciato andar via personaggi e situazioni, descrizioni e soliloqui e se ne fosse rimasto in disparte nel susseguirsi dei giorni, perdendosi nella meraviglia lucente e mutevole della realtà, aspettando che il tempo si sciogliesse nei suoi percorsi circolari e amniotici, senza più domande da porsi sui prossimi capitoli da scrivere, sulle storie da inventare, su quelle che avrebbe voluto dimenticare una volta per tutte. Eppure tempo e racconto sembravano essere complementari o almeno lo erano in quello che succedeva nella sua mente, nella irrefrenabile e costante necessità di trasformare in parole quanto vissuto, lungo i margini dello specchio, nell’abisso della psiche, nelle fughe serali e siderali verso le stelle.
Io e Sabina siamo arrivati ai bordi di un prato dove altra gente già si era seduta sull’erba, stava per iniziare un concerto di musica classica, ci siamo sistemati a gambe incrociate, poi le prime note si sono liberate dagli strumenti e con loro una lontana melodia si è fatta più vicina, ho chiuso gli occhi e sono andato a visitare alcuni piacevoli luoghi in cui non ero ancora mai stato.
domenica 3 agosto 2025
Warsaw #3
martedì 8 luglio 2025
Warsaw #2
Nessun messaggio, nessun contatto, nell’attesa che Sabina si svegli, che venga a prendermi e mi porti con lei nelle percezioni di una città ancora da scoprire. Forse la sua proiezione psichica, quella di strade e quartieri sconosciuti, entrerà in sintonia con la mia onirica predisposizione a perdermi, creando così una sinestesia metropolitana dove potrei ritrovarmi da solo a passeggiare, sentendone la presenza nei pensieri alieni e nelle scelte da non prendere. L’arte del non fare.
Gli echi dei discorsi si smorzavano, i fuochi sembravano ormai distanti, c’erano state feste e canti e balli e poi la drastica apparizione, maligna e inquietante, delle suadenti simmetrie di mentalità votate e vendute al consumo e al capitale - Era quello il luogo in cui insorgere, ridefinendo così la geometria sovversiva di una morale che invece si era stabilizzata in un’etica rigida e ansiosa di conformarsi con ogni minaccia, ogni eccidio, ogni sopruso. Rivoluzione poteva anche significare arrendersi alla vita e sperare che tutto passasse senza troppi danni e che degli atti di cui eravamo stati testimoni non rimanesse più nessuna traccia. La storia andava smarrita. Perché ci fosse l’illusione che gli uomini non avessero ancora parole da dire e che il silenzio che nel buio dei secoli li avrebbe inghiottiti non fosse altro che il vagito di una pallida vita, una arcaica aurora appena nata e subito dimenticata.
lunedì 30 giugno 2025
Warsaw #1
venerdì 20 giugno 2025
ZetaElle #39
Immagini di una vita che qualcuno, in altri luoghi onirici stava portando avanti, nelle sue vesti e nella sua fisionomia continuamente in mutazione. Stili alternativi e il richiamo di Samara a raggiungerlo ovunque lei fosse. E la casa di Ahmed e la sensazione che qualcosa era stato rubato o sottratto, mentre lo scrittore vagava per corridoi e stazioni e l’improvvisa presenza del suo corpo all’interno di una macchina, che si fermava sul bordo della strada, in una notte avida di vento, nella quale gli alberi ondeggiavano e si piegavano, alcuni fino a spezzarsi e poi le luci che scendevano dalla facciata di un palazzo diroccato e file di adolescenti sciamavano per la strada, irriconoscibili gli uni dagli altri, le ragazze con le gonne corte e le gambe nude e spacciatori invisibili che si aggiravano per vendere le loro sostanze, i loro sogni, le loro illusioni.
Durante le settimane passate, qualcuno aveva suggerito di cambiare i nomi dei personaggi e così Zito Luvumbo aveva perduto la sua identità ed era diventato Zimbo LLewylin, mentre ennesimi caratteri psicotici blateravano nella mente dello scrittore, che alta voce provava battute e dialoghi che mai avrebbe trascritto, lasciava che le parole fluttuassero nell’aria dell’appartamento, a volte rideva delle cose che diceva, altre aveva un senso di pungente panico, nel caso stesse per impazzire completamente e qualcuno lo stesse ascoltando.
Risvegli mattutini in oasi metropolitane inconsce, non c’era bisogna di alzarsi, di uscire, di fare niente. Eppure la scrittura esigeva la sua presenza, si insinuava nelle pieghe del sonno, in quelle dei pensieri e lo scrittore tornava ade essere sé stesso, immaginando cose, sentendo voci, lasciandosi libero di esistere ed emergere nello spazio che i suoi sogni continuavano a circondare di mistero.
NPK #5
Bisognava saper abbandonare le cose troppo vicine al nostro cuore o per lo meno cercare di non scriverci sopra, in qualche modo la tristez...
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