Ce l’hai una sigaretta? - chiede il
tossico.
Non fumo, mi dispiace – rispondo.
Allora che me la vai a cercare?
No, non ho questo vizio.
Io ce l’ho invece…
Il tossico si allontana, i vestiti
di uno straccione, la faccia scavata e distrutta dalla roba, i lineamenti
irriconoscibili, il ragazzo che è stato un tempo si è perduto tra le strade di
labirinti mentali, l’uscita è stata una siringa e uno schizzo di sostanza, l’architettura
del reale è cambiata, i nuovi progetti mostravano una enorme ruota nella quale
girare e girare, alcuni vicoli bui, poche prospettive, il cerchio non conosce
fine, è l’illusione dell’eternità e la sua rappresentazione.
Il tossico parlava con voce
strascicata, trascinava le gambe, attaccato alla mano un cartone di vino
scadente.
I bisogni del corpo di un insetto.
Trovare la sostanza e assumerla.
Scarafaggi e vermi strisciavano
sulla strada, la calura del pomeriggio era insopportabile, la luce era
accecante, il silenzio era pesante e sembrava colare dagli edifici, il cielo
era un miraggio, il disegno di una mente privata di qualcosa, strisciare e
cerare, strisciare e cercare, i bisogni di un insetto.
Si staccavano dal soffitto e
calavano verso il basso. I residui mentali avvolti in bozzoli, la metamorfosi,
la paranoia sarebbe diventata una splendida farfalla, i suoi colori avrebbero
illuminato il mondo di nuove lucenti meraviglie, nel freddo della terra i vermi
scavavano le loro putride strade, strisciavano in profondità, ciechi e freddi,
viscidi e molli.
Finivo la birra seduto sui gradini
di una fontana. La gente camminava intorno. Il tossico continuava il suo giro.
Una farfalla si posò sulla mia mano. La guardai. Era bellissima.
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