Sono stato all’isola del wight nel settanta – scriveva l’uomo sul suo diario, in un tavolino del Noon, mentre fumava molto lentamente una canna di white widow – insieme ad una ragazza, lei era più piccola di un paio di anni, scriveva delle splendide poesie, amava william blake e le sue visioni, avevamo degli acidi con noi e durante quei giorni suonarono jimi hendrix, i doors, janis joplin, dormivamo in tenda, non mangiavano quasi mai, vivevamo le nostre estasi dorate, l’acido che cambiava le prospettive e liberava le nostre percezioni i suo capelli erano cascate i suoi occhi laghi, sentivo così nitide le sue emozioni, non avevamo bisogno di parlare anche se la sua voce era una misteriosa melodia, mi raccontava della casa dove era nata, di suo padre, ogni tanto aveva suonato il basso in un gruppo e ricordo il rossore sulle sue guance quando le sussurravo i versi che lei aveva scritto e che avevo imparato a memoria, avevamo visto i pink floyd a londra dopo che avevamo preso della mescalina, eravamo giovani, non c’erano le gabbie della quotidianità, del lavoro, le illusioni della vita sembravano ancora così lontane, ci immergevamo nei nostri sensi, splendide visioni, eravamo alberi e foglie che nascevano, eravamo un sentiero dorato, una montagna lucida, eravamo il bianco della morte e lo splendore della rinascita, una volta la vidi splendere nella luce del giorno, le dissi qualcosa, non ricordo cosa, le tenni la mano e potevo vedere le sue vene scorrere, ci guardavamo negli occhi e il mondo intorno scompariva, la musica era ovunque e creava colori nella mente, ci guardavamo negli occhi ed erano così chiare le forme dei suoi sentimenti, un viaggio continuo, un viaggio meraviglioso e continuo… - l’uomo posò la penna sul tavolino, la canna si era spenta, la mise dentro un pacchetto di sigarette quasi vuoto, chiuse il diario, chiuse gli occhi, quei colori ancora brillavano nel fondo della sua anima.
sabato 1 giugno 2013
Amsterdam #24
Sono stato all’isola del wight nel settanta – scriveva l’uomo sul suo diario, in un tavolino del Noon, mentre fumava molto lentamente una canna di white widow – insieme ad una ragazza, lei era più piccola di un paio di anni, scriveva delle splendide poesie, amava william blake e le sue visioni, avevamo degli acidi con noi e durante quei giorni suonarono jimi hendrix, i doors, janis joplin, dormivamo in tenda, non mangiavano quasi mai, vivevamo le nostre estasi dorate, l’acido che cambiava le prospettive e liberava le nostre percezioni i suo capelli erano cascate i suoi occhi laghi, sentivo così nitide le sue emozioni, non avevamo bisogno di parlare anche se la sua voce era una misteriosa melodia, mi raccontava della casa dove era nata, di suo padre, ogni tanto aveva suonato il basso in un gruppo e ricordo il rossore sulle sue guance quando le sussurravo i versi che lei aveva scritto e che avevo imparato a memoria, avevamo visto i pink floyd a londra dopo che avevamo preso della mescalina, eravamo giovani, non c’erano le gabbie della quotidianità, del lavoro, le illusioni della vita sembravano ancora così lontane, ci immergevamo nei nostri sensi, splendide visioni, eravamo alberi e foglie che nascevano, eravamo un sentiero dorato, una montagna lucida, eravamo il bianco della morte e lo splendore della rinascita, una volta la vidi splendere nella luce del giorno, le dissi qualcosa, non ricordo cosa, le tenni la mano e potevo vedere le sue vene scorrere, ci guardavamo negli occhi e il mondo intorno scompariva, la musica era ovunque e creava colori nella mente, ci guardavamo negli occhi ed erano così chiare le forme dei suoi sentimenti, un viaggio continuo, un viaggio meraviglioso e continuo… - l’uomo posò la penna sul tavolino, la canna si era spenta, la mise dentro un pacchetto di sigarette quasi vuoto, chiuse il diario, chiuse gli occhi, quei colori ancora brillavano nel fondo della sua anima.
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