Stazioni ferroviarie immobili nella luce del giorno e dell’estate, una voce sconosciuta che galleggia nell’aria, i momenti trascorsi nelle spiagge solitarie della mente, le isole di idee e percezioni interiori come scintille di diamanti di pura meraviglia su fili d’erba in movimento, ogni prato una creazione di eterno e instabile splendore, una testimonianza a colori di una divinità perduta. Si manifestavano ancora, durante la notte, i sogni di sabbia e cemento, architetture di pensieri sul punto di crollare nell’incastro di frasi senza struttura logica, l’attesa su panchine dipinte di nero, i nomi incisi, i simboli, le svastiche, le rune, i fuochi di significati che solo il buio avrebbe svelato, le rotaie di acciaio, linee parallele su traversine di legno bruciato, treno dopo treno, paesaggi lunari in dissolvenze incrociate, occhi chiusi e macchie di colore pulsante, vecchie canzoni come graffi sonori su vinili impolverati, nuove stanze ti avrebbero accolto, rumori metallici come urla di catastrofi siderurgiche, testimonianze scritte nell’ignoto susseguirsi delle ore e poi liberarsi da tutto, dai saluti, dagli addii, dagli abbracci e dalle dichiarazioni d’amore, il passato tornava sotto forma di sequenze oniriche, il calore delle mani, quello nelle vene, eravamo all’interno di un sogno senza più risvegli, le urla davanti a una casa nera, i giorni che hai attraversato contando gli intervalli di tempo tra una dose e l’altra, fra una fuga e quella successiva, i ripari, i templi di quiete elettronica, modulazioni ondulate, pulsazioni sferiche, contrazioni ritmiche come meduse impazzite, gli acquari pieni di volti senza respiro, i ponti immaginari su città di ombre e pioggia e neon sintetici, i ragazzi manipolavano la loro giovinezza nell’attesa che le droghe facessero effetto, lo senti ancora l’odore della sua pelle? Il contatto del suo corpo? Metti alla prova te stesso in ogni deriva possibile, in ogni finzione esistenziale, quanto rimane di ciò che avevi sempre creduto reale? Ogni luogo scompare nel momento stesso in cui decidi di partire, l’andare avanti disegnerà altre simulazioni di evasione, ricordati di guardarti intorno solo per dimenticartene al prossimo sbattere di ciglia, un elastico abbandonato per terra, la sborra nei coglioni, le sbarre verdi, le prigioni che le abitudini sotterrano perché l’inconscio non possa scappare, sprofondiamo in un abisso di amniotica bellezza, inspira, espira, capovolgi il mondo perché tutto torni ad esserne origine e fine.
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