Terre di antiche leggende, un tempo popolate dai lupi e dai loro movimenti d’argento, gli ululati nel vento, le distese rossastre di alberi danzanti, i profili dentellati di cime montagnose, case abbandonate sui margini di campi addormentati, le vecchie stanze decrepite, la polvere posata sulle etichette di bottiglie mai aperte, la cantina della casa di mio nonno in campagna, le sedie rovesciate, i tavoli capovolti, c’era una memoria che mi apparteneva in queste lande e canti che le nostre voci avevano smesso di tramandarsi, donne distese sulle rive di un fiume e l’odore del fuoco fra i colori della sera e dell’infanzia, c’era un passato condiviso dalla gente che apparteneva ai campi coltivati, destinato all’oblio, allo smarrirsi dei giorni, a quelle sensazioni sempre più distanti che nessuno sarebbe stato più capace di provare o rievocare, questi boschi e queste valli conoscevano meglio di noi chi le aveva create e avrebbero atteso nel loro selvatico stupore l’ancestrale richiamo dei lupi e il loro ritorno in un sogno boschivo di neve e bianco splendore.
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