Ero dentro un ascensore, all’interno di un palazzo che non conoscevo, prima di chiudere la porta ho intravisto l’immagine di Kamil che stava scendendo le scale, i nostri sguardi si sono incrociati, lui ha sorriso, andava di corsa, portava un vestito elegante - C’erano nuovi codici che qualcuno aveva scritto sul legno rovinato dell’ascensore, ho cercato di impararli a memoria, mentre è cominciato un movimento verticale che non sapevo dove mi avrebbe portato - C’erano state notizie di alcune sparizioni ed ero alla ricerca di una di quelle persone scomparse, nella sceneggiatura che qualcuno mi aveva passato c’erano delle pagine mancanti e così le sequenze successive sono state incomplete e confuse - Ero nel pueblo e stavo camminando, qualcuno aveva rubato il mio zaino ed ero rimasto solo con una lurida sacca a tracolla con dentro quello che ritenevo fosse indispensabile, la luce era quella del giorno e stavo cercando Sara, provando a chiamarla da un vecchio cellulare che mi ero ritrovato in mano e poi lei mi è apparsa davanti e ci siamo guardati nell’immobilità di un istante prima che tutto tornasse a muoversi, racchiudendoci così in un caldo e fuggevole abbraccio.
domenica 25 febbraio 2024
mercoledì 21 febbraio 2024
freewheelin' #78
mercoledì 14 febbraio 2024
Napoli #4 (procida)
C’era un uomo anziano ad un tavolino poco distante dal nostro che stava dando pezzi del suo cornetto ai piccioni che gli si accalcavano intorno alle scarpe, non aveva un bell’aspetto, anche se qualcosa nel suo stile e nel suo vestiario lasciava intravedere la possibilità che fosse un artista e all’interno della lurida sacca che aveva appoggiato su una sedia avevo scorto dei quaderni e parecchi fogli ingialliti e immaginavo che lui fosse uno scrittore, arrivato ormai ai labili confini della propria vita - Le maree dei ricordi, le mareggiate oniriche di tempi infranti, sconfitti, dimenticati e restituiti agli occhi dall’impazienza narrativa dei sogni, che non lasciano spazio all’oblio e ci rimandano gli echi dell’esistenza in forme arcane e segrete. L’uomo si era acceso una sigaretta e aveva dato un ultimo sorso al suo caffè, c’erano nuove destinazioni che mi stavano chiamando: Napoli e poi Tangeri e gli incontri con artisti morfinomani che tenevano fra le dita tremanti scritti impolverati - Le critiche di pittori e quadri fatte dal padre ormai morto di un mio vecchio amico, collage di tele e colori liquidi e astratti lungo distese cromatiche che si scioglievano e si mescolavano e riemergevano diventando isole e arcipelaghi e territori informi e tumultuosi del subconscio.
Carceri diroccate, nella parte alta dell’isola e quale orrore e quale sadismo a rinchiuderci dentro gli uomini e poi lasciargli vedere piccole porzioni di blu, i flussi marini in lontananza, la linea dell’orizzonte che non avrebbero più toccato, un braccio allungato fuori dalle sbarre a salutare l’infinito. Colonie penali e vecchi racconti di contrabbando e pirateria e tesori nascosti su spiagge lontane e le mappe strappate dell’illusione per ritrovarli.
Riflessi di luci e voci che diventavano più forti e confuse e le passeggiate con Sabine sotto le stelle e la notte che ci avvolgeva e poi i risvegli in cui non sapevamo più chi eravamo, perché questo mondo è un mistero e a nessuno dovrebbe mai essere concesso il fuggente potere di svelarne l’ingannevole essenza.
martedì 6 febbraio 2024
Napoli #3
Un’idea, un’intuizione per un video, Coline sarebbe stata d’accordo e anche Filippos e avremmo fatto le riprese all’interno della linea 1 della metropolitana di Napoli, fra i vecchi vagoni gialli e poi nelle stazioni e ci saremmo persi fra le linee dell’architettura sotterranea e i tagli di luce elettrica, lunghe carrellate orizzontali, estetiche metropolitane, sonorità hip-hop, Filippos avrebbe cantato, in greco possibilmente e io avrei scritto i testi, che poi insieme avremmo tradotto nella sua lingua e Coline si sarebbe occupata delle immagini e del montaggio (o forse questo lo avremmo fatto insieme) e poi ci saremmo calati un acido e passato il resto del tempo sgretolandoci fra i suoni e i colori dei quartieri spagnoli.
Singole inquadrature, singole stanze dove le prostitute e i travestiti portavano i loro clienti, poetiche rionali e decadenza di facciate barocche in rovina, come i volti sfatti di vecchie puttane e poi canzoni del mediterraneo morente, culla e cimitero di esuli e migranti, nuove odissee, nuovi turbini emotivi che circolavano nel sangue e nelle vene, i primi effetti, lo sfavillio sfuggente della luce, Santa Maradona sembrava essere una frastagliata celebrazione di una divinità popolare, i caleidoscopi di ricordi in arrivo, melodie mormorate nello spazio interiore che i secondi custodivano in accelerazioni di eternità momentanee.
ZetaElle #28
Tornato in città Zito Luvumbo si era ritrovato pieno di cose da fare e organizzare. Simulazioni di guerriglia urbane per le strade dei qua...
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