mercoledì 14 agosto 2024

ZetaElle #2

 A volte Zito Luvumbo se ne stava seduto per ore su una delle panchine dei giardini di Piazza Vittorio, parlando con altri stranieri o rimanendose in silenzio a contemplare gli alberi e i palazzi e i cambiamenti della luce. E in quei momenti ricordava: volti, espressioni, corpi e addii. Le separazioni soprattutto sembravano quelle che la sua memoria rielaborava in sequenze mentali, alle quali Zito Luvumbo si abbandonava con gli occhi chiusi. Arrivavano anche odori lontani ed echi di discorsi a trovarlo e lui li lasciava passare e di rado si perdeva in un labirinto di malinconia perché il presente gli era intorno e il passato sarebbe svanito e con esso tutte le identità che aveva creduto di possedere o che qualcuno gli aveva narrato affinché le imparasse  e le facesse sue. 

C’era stato un tempo in cui era stato parte di una famiglia o nel quale aveva capito e provato cosa significasse quella parola. Poi quei legami si erano affievoliti, fino a sciogliersi. Poi erano arrivate catastrofi, guerre e carestie. Erano stati costruiti campi profughi e zone di interesse. I conflitti si ripetevano all’infinito. Zito Luvumbo aveva fatto parte di combattimenti, con divise militari o senza di esse, aveva avuto una moglie e dei figli e ancora adesso ripeteva mentalmente i loro nomi, come se accarezzarne il suono significasse averli vicini. Era stata una sfida superare il sordo muro di ogni dolore e trasformarlo in una storia diversa, estranea, che gli conferisse il potere di essere un altro, all’interno della quale fosse possibile superare lutti e disgrazie e ridefinire la parola amore senza che potesse più ferire il suo cuore. Ombre e luci. Come quelle che si inseguivano e vibravano e danzavano davanti ai suoi occhi. Il riverbero del deserto. Le stelle nelle notti di veglia e preghiera. Tutti quei corpi che non potrà toccare mai più.

Un uomo si sedette vicino a Zito Luvumbo e i due parlarono in arabo e poi l’uomo gli passò una cartellina con dei fogli e alcuni documenti. Dei bambini giocavano e dei ragazzi ridevano e scherzavano. La vita era un inganno. E ogni inganno una vita da inventare.


ZetaElle #4

  Nelle mattine di quiete e luce Zito Luvumbo usciva dalla stanza del suo albergo e   passeggiava per le strade del quartiere, ancora silenz...