sabato 24 maggio 2025

ZetaElle #35

 La stanza delle risonanze emotive, con il vino e le panche e le canzoni e i diversi personaggi che Lorenzo stava interpretando, in stati di progressiva magnificenza alcolica - La presentazione di un libro in cui qualcuno in crisi di astinenza intellettuale aveva deciso di dialogare con una intelligenza artificiale dal profilo femmineo, un’altra potenziale troia ruffiana, gridava qualcuno da dietro una colonna, mentre le femministe mettevano mano ai coltelli e l’atmosfera diventava densa e tesa - Sarebbero volati piatti e bicchieri se qualcuno avesse voluto trasformare il baccanale in una violenta orgia della lotta dei sessi, qualcuno intonò un inno anarchico e i cuori furono colmi e calmati, avendo la possibilità di congiungersi in un inno che travalicasse le proprie matrici sessuali - Avevo poco interesse nell’esplorare le nuove possibilità di una mente artificiale se chi l’aveva educata aveva il nostro stesso cervello, sempre persi nel labirinto del pensiero umano saremmo rimasti, cosa si nascondeva oltre? Cosa avrebbe prodotto un pensiero totalmente alieno? Lorenzo si era versato un altro bicchiere di vino e poi si era seduto accanto a me e avevamo iniziato a parlare della coscienza delle piante e dell’uso del peyote e dalla tasca sdrucita della sua giacca era spuntato  fuori un libro con un intervista a Castaneda e chissà chi era stato veramente questo uomo, quante identità aveva assunto e il volto di Lorenzo diventava serio, poi allegro nell’intonare un ennesimo canto - Ci eravamo incontrati alla stazione di Frascati, avevamo preso lo stesso treno senza neanche saperlo, era buio e freddo e alcuni ragazzi stavano rollando una canna seduti nella sala d’aspetto della stazione, Lorenzo mi aveva passato una bustina e poi ci eravamo diretti verso la stanza mentale in cui sarebbe stato presentato il libro. 

C’erano ancora echi dei nostri discorsi il giorno dopo, senza che mi ricordassi come fossi tornato a casa. L’arte del volo. O quella di dimenticare.


domenica 18 maggio 2025

ZetaElle #34

Interferenze statiche, circuiti elettronici sperimentali, dissonanze senili, digestioni digitali in fluidi gastrici sonori, onde asimmetriche, spettri ciclici, la drum machine in sussulti di astinenza catodica - I microfoni sono accesi e qualcuno parla, fantasma apocalittico di sé stesso, spartiti polverizzati in sequenze di note cacofoniche e in sottofondo lo scorrere di ruvidi riff di un blues sacrilego e sepolcrale - Le ultime luci della città svanivano e si eseguivano gli ennesimi preparativi di un incontro clandestino che avrebbe preso forma nei seminterrati di un palazzo abbandonato - Scaffali di libri impolverati, lettere, riviste, annuari, le insolite sezioni di santi apocrifi e spettatori impazienti, sezioni di corpi, dissezioni di comportamenti - Interferenze statiche, lo scrittore scriveva in preda ad una frenesia formicolante, stazioni radio ronzanti, i rumori venivano creati da menti turbate, sembravano nascere da soli, si smorzavano in un ronzio estivo di cavallette impazzite, la semplice attesa di una tempesta elettrica, gli appunti sistemati su un tavolo. il boato di un urlo soffocato in gola, le sedie erano ancora vuote, l’attesa tangibile nel riverbero soffuso del bianco spazio circostante.

 

venerdì 9 maggio 2025

ZetaElle #33

 Ritardi necessari per rallentare i pensieri e i ritmi dei collassi psichici, qualcuno aveva richiamato Alain nei quartieri generali del Cie.Lo e lui aveva lasciato la sua forma terrena per dissolversi fra le nuvole di smog che avvolgevano la mia città o qualche inquinata metropoli cinese iperindustrializzata - Tutte le sue informazioni si erano disciolte in fluide teorie di cospirazioni orientali, in pandemiche alterazioni del pensiero ecclesiastico, virus evangelici, evirazioni della parola divina, evanescenti flagelli di fisionomie falliche, i giovani novizi eiaculavano codici cospirativi che altri agenti avrebbero ricevuto e tradotto in segmenti di senso semantico, i servizi segreti del seme avrebbero così potuto continuare il suo lavoro.

Avrei anche dovuto avere dei colloqui con Pedro (o forse terminarli sarebbe stata la scelta migliore), durante le prossime settimane e discutere con lui degli arrivi dei carichi di cocaina ed eroina dal Messico, dal cartello che rappresentava nei suoi accomodanti abiti ecclesiastici, che gli permettevano di muoversi con una notevole e invidiabile libertà fra le strade della città, travestimenti talari e infiltrazioni nel tessuto sociale giovanile dei quartieri periferici, dove avrebbe organizzato una capillare rete di spaccio metropolitano - Non cacate in chiesa, c’era scritto su un cartello - Voci e annunci e serie di ripetizioni feticistiche e l’odore della stazione la mattina e i corpi dei miserabili stesi per terra e le scie di percezioni invisibili e quelle della luce e le attese immobili e quelle del pensiero in una stasi dell’immaginazione che non ci avrebbe portato da nessuna parte.

Alain se ne era andato e nessuno sapeva più come contattarlo e rimanevano così solo supposizioni e strategie stranianti da applicare ai messaggi che continuavano ad arrivare - Esplodevano gli echi di guerre lontane, le continue crisi in medioriente e forse, un giorno, qualcuno ci avrebbe spiegato cosa fare, come collegare tutti i punti, come intrecciare i lucenti attimi della realtà e della follia, come dirottare la comprensione, come farla finita ed iniziare di nuovo, farla finita per sempre ed estinguerci.

La valigetta lasciata da Freddy vicino a una panchina, sul sedile di un vagone, vicino a un binario. La giornata pigramente si svelava, ho raccolto i pensieri come fossero bombe inesplose, senza dargli peso e importanza, poi misteriosamente sono scomparso. E le voci si sono fatte silenziose, tutte tranne una - Non cacate in chiesa, fratelli - I prossimi obiettivi erano ormai solo sanguinose ipotesi da verificare.


Warsaw #3

  I primi contatti erano avvenuti durante la notte in un delirio mentale che lo scrittore non sapeva come decodificare, sembrava la lotta fr...