C’era
ruggine sui binari e rovi e arbusti e oltre le lunghe file di case e mattoni
appariva la sagoma sfuocata nella luce di una centrale nucleare e dei suoi muti
reattori e nuvole nel cielo come stampe impressioniste, un foglio di carta
gialla, appallottolato e gettato per terra, un abbraccio alla stazione, troppo
lungo e stretto per essere un semplice saluto, il corpo aveva il suo
linguaggio, fatto di brividi e calore, battiti e respiri, lo sguardo di una
giovane ragazza che non avrei più rivisto, era meglio così, era sempre meglio
distrarre gli occhi dalla bellezza, perché altrimenti ci si finiva per credere
a quelle forme, ai capelli e alle ciglia, alle dita e ai profumi e il cuore era
una gabbia che troppe volte avevo ascoltato chiudersi e in questi nuovi giorni,
che diventavano settimane e mesi, riuscivo a tenere una distanza, a non
commettere i soliti errori, anche se alcuni pensieri, delle voci e delle
immagini tornavano a scorrere sullo schermo mentale, dissolvenze incrociate tra
passato e presente con i colori di magnifici tramonti, il buio improvviso di
una galleria mentre gli uccelli volteggiano nell’aria e nei parcheggi ci sono
macchine immobili e lucenti e uomini chinati a raccogliere rifiuti e lattine di
birra vuote e un divano sfondato appoggiato ad un muro dove potevi sederti di
notte e osservare le stelle e pensare a tutte quelle volte che avevi alzato gli
occhi verso quegli infiniti bagliori, chiedendoti quando sarebbe cambiata la
tua vita e ogni cerchio doveva essere chiuso e il dolore che questa fine
portava con sé e le mattine in cui c’era ancora qualcuno da stringere sotto le
coperte mentre i sogni sprofondavano dentro la loro stessa essenza, il tuo
volto che riemergeva dalle strade in cui si era perso e ogni fredda aurora in
cui ho cercato un’ultima parola da dire, perché fosse piena di poesia la tua
esistenza, sei arrivato troppo tardi nei luoghi che avevi deciso di non vedere,
hai confessato i tuoi sentimenti nei modi e nei momenti sbagliati, hai
osservato il mondo piegarsi come la pagina di un libro mai scritto, eri tu e un
altro mentre vagavi nei vicoli bui, i contorni del futuro trasformati in
edifici industriali, i piloni dell’alta tensione, il fumo denso in lontananza,
la fabbrica delle nubi, la luce obliqua tra gli alberi, lei che guida assorta,
guardando la strada che le scorre davanti, hai veramente trovato quello che
stavi cercando? No, perché non ho più nulla tra le mie mani che non sia sabbia
e tempo e petali di silenzio.
giovedì 24 novembre 2016
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