Ho iniziato a vedere i musi di alcune tigri fra le nuvole e sembravano combinarsi tra di loro come i tasselli di un puzzle, le chiome degli alberi oscillavano vivide e lucenti e c’erano gli occhi di alcuni felini che mi osservavano dalle loro cortecce, ho abbassato le palpebre e i colori nella mente erano caldi e pulsanti, si mescolavano insieme disegnando le mie stesse emozioni. I quadri di Van Gogh andavano osservati oltre le forme dei soggetti raffigurati, era tutto nell’uso del colore e in quello che esso esprimeva: gli stati d’animo di quest’uomo. La gioia, la tristezza, la malinconia e il dolore prendevano vita sulle sue tele e non erano altro che il suo mondo interiore, oscuro e brillante, che gli strati di vernice e i colpi di pennello rendevano improvvisamente reale, c’era passione e sangue in quei quadri e potevo ammirarli mentre sembravano staccarsi dalle pagine di un libro e incollarsi alle mie dita. Mi sono seduto nella posizione del loto e ho cominciato a respirare in maniera ritmica ed ero io il mondo, l’universo e il suo centro e poi i pensieri hanno iniziato a svanire e i limiti del mio corpo a dissolversi ma c’era ancora qualcosa nel cuore che mi turbava, una ferita, un senso di pena, qualcosa che dovevo finire di curare e trovare il tempo per farlo, non ero solo, non lo ero mai stato, troppe volte dimentichiamo chi siamo, un respiro, quello successivo, il vuoto e l’infinito.
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