Zito Luvumbo e John Bosco si incontrarono all’interno del mercato dell’Esquilino, rispettivamente nelle vesti di un rifugiato politico e di un religioso, parlavano mentre camminavano, fermandosi ogni tanto davanti a una bancarella, come se fossero interessati all’acquisto di qualcosa. C’erano messaggi che venivano comunicati tra le parole e i codici che Zito Luvumbo registrava da qualche parte nella sua mente. Codici che sarebbero poi diventati sequenze di gesti in situazioni successive o all’interno di scene oniriche. John Bosco era sorridente e proveniva da qualche paese africano. Le tecniche di guerriglia militare che in un periodo della sua vita aveva imparato venivano decodificate e assorbite dalle orecchie di Zito Luvumbo, mentre le paragonava con le sue e le sistemava in zone mentali, in cui l’azione era sempre accompagnata dalle armi e la violenza diventava un linguaggio che oscillava tra reazione e rivoluzione. C’era una storia mondiale che uomini avidi avevano inventato e che altri, meno legati a soddisfare il proprio ego, avevano cercato di cambiare e riscrivere, fino a quando il potere e le sue perverse logiche li avevano ingabbiati tutti quanti. Le prigioni fiorivano nelle menti e si trasformavano in ideologie e gli uomini, intrappolati in allucinazioni collettive, si abbandonavano all’inganno del momento, fino a quando quello successivo sarebbe arrivato.
sabato 14 settembre 2024
ZetaElle #4
domenica 1 settembre 2024
ZetaElle #3
Zito Luvumbo era all’interno degli scantinati di un grande palazzo d’epoca in rovina, tra i calcinacci e i resti dei lavori di ristrutturazione che operai invisibili stavano portando avanti. Operai che sarebbero apparsi solo dopo, quando Zito Luvumbo sarebbe stato sul punto di uscire da quel palazzo, seduti in fila su un muro, a parlare o fumare sigarette, in attesa di qualcosa o di qualcuno. Negli scantinati Zito Luvumbo aveva incontrato un uomo cinese e con lui aveva conversato in italiano, una lingua che al momento il suo personaggio sapeva parlare correttamente. L’uomo, che sembrava occuparsi di affari, lo aveva accompagnato attraverso un grande cortile dall’assetto decadente in un’altra serie di stanze che si aprivano nel sottosuolo e lì lo aveva fatto sdraiare su un letto. Dopo pochi minuti era stato raggiunto da alcune ragazze orientali che quasi immediatamente gli avevo mostrato le loro grazie e sussurrato nelle orecchie le loro proposte. Lo avevano accarezzato ed eccitato, sfiorandolo con le loro dita che sapevano sempre dove toccare. Zito Luvumbo le aveva lasciate fare, sentendo l’energia sessuale scorrergli dentro. Ebbe una erezione e si chiese a quale perversione avrebbe potuto cedere senza perdere il controllo di se stesso. Le ragazze ridevano e una di loro tornò con un cazzo di plastica attaccato ad una cintura e tentò di infilarglielo nel culo. Zito Luvumbo adesso era un altro e l’altro pensò che erano giorni che non aveva un orgasmo e ripassò nella mente la lista dei suoi piaceri proibiti. Poi le immagini sfumarono e ad un tavolo Zito Luvumbo era di nuovo con l’uomo cinese e stavano parlando di affari. L’uomo beveva champagne da una coppa di vetro, ne offrì una a Zito Luvumbo che rifiutò, rimanendo in silenzio ad ascoltarlo. Poi era fuori dal palazzo, lontano dagli operai in attesa, vagava per la città, cercando di raggiungere il luogo che l’uomo cinese gli aveva rivelato prima che si separassero.
ZetaElle #4
Nelle mattine di quiete e luce Zito Luvumbo usciva dalla stanza del suo albergo e passeggiava per le strade del quartiere, ancora silenz...
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