domenica 1 settembre 2024

ZetaElle #3

 Alcune mattine Zito Luvumbo si alzava molto presto e vedeva la luce del giorno arrivare piano nella sua stanza e lentamente illuminarla. E rimaneva come in uno spazio mentale sospeso, che si riempiva di ricordi perché le aspettative e i progetti appartenevano ad un altro ordine del tempo e delle cose. Ricordava i giorni della sua infanzia e quelli della giovinezza e la distanza da essi e anche le storie che qualcuno aveva scritto per lui e le identità che lo avevano sedotto e quelle da cui era rimasto disgustato e i vari passaggi da una all’atra, come i cambi scenici nei sogni e gli incontri e i luoghi in cui si ritrovava a vagare prima del risveglio.

Zito Luvumbo era all’interno degli scantinati di un grande palazzo d’epoca in rovina, tra i calcinacci e i resti dei lavori di ristrutturazione che operai invisibili stavano portando avanti. Operai che sarebbero apparsi solo dopo, quando Zito Luvumbo sarebbe stato sul punto di uscire da quel palazzo, seduti in fila su un muro, a parlare o fumare sigarette, in attesa di qualcosa o di qualcuno. Negli scantinati Zito Luvumbo aveva incontrato un uomo cinese e con lui aveva conversato in italiano, una lingua che al momento il suo personaggio sapeva parlare correttamente. L’uomo, che sembrava occuparsi di affari, lo aveva accompagnato attraverso un grande cortile dall’assetto decadente in un’altra serie di stanze che si aprivano nel sottosuolo e lì lo aveva fatto sdraiare su un letto. Dopo pochi minuti era stato raggiunto da alcune ragazze orientali che quasi immediatamente gli avevo mostrato le loro grazie e sussurrato nelle orecchie le loro proposte. Lo avevano accarezzato ed eccitato, sfiorandolo con le loro dita che sapevano sempre dove toccare. Zito Luvumbo le aveva lasciate fare, sentendo l’energia sessuale scorrergli dentro. Ebbe una erezione e si chiese a quale perversione avrebbe potuto cedere senza perdere il controllo di se stesso. Le ragazze ridevano e una di loro tornò con un cazzo di plastica attaccato ad una cintura e tentò di infilarglielo nel culo. Zito Luvumbo adesso era un altro e l’altro pensò che erano giorni che non aveva un orgasmo e ripassò nella mente la lista dei suoi piaceri proibiti. Poi le immagini sfumarono e ad un tavolo Zito Luvumbo era di nuovo con l’uomo cinese e stavano parlando di affari. L’uomo beveva champagne da una coppa di vetro, ne offrì una a Zito Luvumbo che rifiutò, rimanendo in silenzio ad ascoltarlo. Poi era fuori dal palazzo, lontano dagli operai in attesa, vagava per la città, cercando di raggiungere il luogo che l’uomo cinese gli aveva rivelato prima che si separassero.


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