Era arrivato un messaggio sul
cellulare, sul piccolo schermo c’era scritto armando diaz, ho aperto il messaggio
e qualcuno mi scriveva sulla possibilità di fare il montaggio di un film e che
il progetto stava per iniziare e se volevo partecipare.
Una ragazza era nella mia stanza e
mi voleva vendere delle tavolette di hashish, mi sembrava che il prezzo fosse
troppo alto rispetto alla quantità. Abbiamo trovato un accordo. Poi lei mi ha
salutato e mi ha baciato sulle labbra, poi le immagini sono diventate più
veloci e il montaggio ha creato un’ellissi temporale, ci siamo ritrovati dentro
una macchina, lei mi diceva he ero un uomo affascinante, io me la sono messa
sopra e ho iniziato a toccarle il culo.
Era da poco mattina e la strada era già
piena di macchine, i colori del cielo erano tenui e delicati e in lontananza si
potevano vedere le file di palazzi, il fumo bianco di alcune fabbriche, i
lavori che stavano devastando il terreno per fare nuove strade, i mezzi
meccanici, dentro la mia auto i suoni erano ovattati, le lenti rosse dei miei
occhiali trasformavano il reale in una piacevole visione del futuro, il mondo
avrebbe assunto quelle sfumature, un domani, quando i gas di scarico e gli
agenti chimici avrebbero modificato l’aria e i colori o la nostra percezione,
la mutazione faceva parte del processo evolutivo, un domani, mi dicevo, i
colori non sarebbero stati più gli stessi o forse avremmo dovuto inventare
nuovi nomi per classificarli.
Dentro la macchina. Fuori i getti
d’acqua creavano milioni di goccioline che risplendevano sul parabrezza e sui
finestrini laterali, mentre scivolavano verso il basso. Goccioline di acqua e
sapone e solventi chimici ideali per ripulire la carrozzeria. Dentro la
macchina i suoni erano attutiti, mi sentivo protetto, al sicuro. Cercai
mentalmente dei collegamenti con l’essenza stessa dell’automobile, respirai
lentamente e mi dissi che il mio corpo era quello della macchina, che l’acqua
che colpiva la macchina colpiva anche il mio corpo, mi trovavo dentro di lei,
come in una meditazione trascendentale, ancora più a fondo, quindi, dentro me
stesso. Il corpo della macchina, l’anima della macchina, il mio corpo, la mia
anima. Ero sceso di quattro livelli e le mie percezioni dovevano cogliere
quanti più stimoli possibili. Mi espandevo e rientravo dentro, seguendo i
respiri.
L’esperienza estetica della luce
riflessa nelle goccioline, miriadi di scie umide e luminose, il rumore
dell’asciugatore elettrico che spingeva le goccioline verso l’alto. Sembrava
quasi che fuggissero impaurite da quel barbaro nemico, il rumore dell’aria, mi
collegai con un’altra immagine mentale e un altro ambiente, dentro un aereo, il
momento del decollo, il rumore dei motori, immaginai di partire, protetto e
chiuso in un corpo di metallo.
L’ultima immagine, bianca e
splendente.
La parola cut.
Il comando della divisione. Quello
dell’unione.
La notte e il giorno. Il tempo che
fluiva.
Un montaggio di pure forme. Una
sinfonia visiva.
Gli appunti di Ejzenstein e Nietzsche.
La nascita della tragedia.
Superare il dolore dell’individualità,
in comunione con la natura.
La musica e l’estasi. L’ebbrezza e
lo sconvolgimento dei sensi.
Il sogno.
La luce.
L’illusione.
Sileno che danza nudo in mezzo ai
boschi e continua a cantare:
Non essere nulla, non essere nulla, non essere nulla
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