Mi ero seduto da una parte ad
aspettare l’autobus e stavo ascoltando freak out di frank zappa, ero
tranquillo, mi sono accorto che vicino a me sedeva un uomo, non sembrava messo
tanto bene, ho visto le sue labbra muoversi, ma avendo le cuffie dell’ipod dentro
le orecchie non ho sentito quello che diceva.
Mi sono tolto le cuffie, si?, gli ho
detto, lui mi ha guardato e mi ha detto, stasera mi ammazzo, io sono rimasto in
silenzio, non avevo nulla da dirgli, lui ha ripetuto un’altra volta, stasera mi
ammazzo, io ho continuato a rimanere in silenzio, poi si è alzato e se ne è
andato, nella mano destra aveva un busta di plastica con dentro quella che
sembrava una coperta e altri stracci.
Da cosa era dovuta la mia
indifferenza?
Quell’uomo mi aveva detto qualcosa
di vero o era solo una frase buttata lì, da una persona con problemi, una di
quelle frasi che ogni tanto si dicono quando stiamo particolarmente depressi.
E se fosse stato vero?
Se tra tutte le persone mi avesse
scelto come testimone della sua morte?
Se dentro di lui avesse deciso di
chiedere un ultimo aiuto e in caso di un’altra umiliazione si fosse andato ad
uccidere?
Nel paio di minuti in cui l’avevo visto
scomparire ho pensato a questo.
Non mi sono alzato. Sono rimasto
seduto.
Ho di nuovo messo le cuffie nelle
mie orecchie. Ho cambiato la musica.
I chemical brothers con further
hanno iniziato a salirmi nel cervello.
Da cosa era dovuta la mia
indifferenza?
Le persone con i loro problemi mi
circondavano, a quanto pare incapaci di risolverli con le proprie forze. Mi
circondavano le miserie e le pene di molte persone, a cui cercavo di regalare
momenti di quiete, se non con il mondo per lo meno con se stesse.
Ma c’era qualcosa di ancora più
prezioso.
Era quello che avevo dentro, che a
volte condividevo e a volte volevo tenere per me.
Perché quando ero solo, chiuso in
quella bellezza lucente, senza gli echi distorti delle parole, delle vite, dei
dolori degli altri, ero felice e stavo bene.
E quella gioia, che avevo trovato,
era la cosa più importante che possedevo.
…
Lei era appoggiata ad un piccolo muro di
pietra e disegnava su un blocco di fogli bianchi. Ero seduto poco lontano, per
terra e la guardavo disegnare. Gli occhi che si alzavano di scatto dal foglio,
concentrati, a cogliere linee e proporzioni e forme. Poi mi guardava e
sorrideva. Io rimanevo in silenzio.
Ci amavamo.
Ed era lei che mi abbracciava in
quella stessa quiete, in quella luce, senza chiedere nulla.
Era lei, adesso, quella stessa
felicità.
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