mi
sono alzato piangendo, non solo per la stanchezza e il respiro rotto, non solo
per le gambe dure come il legno e il cuore che batteva forte, non solo per i
ricordi dei miei amori finiti, delle parole che erano scomparse, del tempo che
non sarebbe tornato, piangevo soprattutto per loro, tutte le persone in miseria
che vedevo ogni giorno, non mi ricordavo una simile povertà, un tale dolore, le
immagini dei ragazzi africani stesi come bestie a dormire a termini, le
immagini di una signora che dormiva su una panchina vicino al verano, con il
suo cartone di tavernello, era pazza e sola e quando la vedevo il cuore
si riempiva di una tristezza a cui difficilmente potevo dare un nome
adeguato, le immagini delle persone che vagavano per le strade, sotto il caldo,
cercando di vendere qualche stronzata per qualche spicciolo, le orde
di disperati che si tuffavano sulla tua macchina per pulirti il vetro
e più cercavo di farmi forza, di trovare un modo per adeguarmi a questa
situazione più capivo quanto fosse difficile riuscirci, non funzionava
l’indifferenza, non funzionava la bontà, non funzionava la cattiveria, loro
erano lì, essere umani ridotti in miseria, erano ovunque, perché ci odiavamo
tanto? perché non eravamo capaci di aiutarci? non riuscivo più a sopportare tutto
questo e allora le lacrime sono iniziate a scendere ed era
un vortice di emozioni incontrollate perché avevo la certezza che
qualsiasi cosa avessi fatto non sarebbe mai stata sufficiente e shadat sulla
spiaggia di santa severa mentre vendeva le sue birre mi ha
raccontato che dormiva per strada, i viaggi fino ad acilia per prendere le
birre, i piedi che gli sanguinavano, i vestiti lavati al parco e in tutta questa sofferenza c’era una dolcezza nel suo sguardo e cosa avrei fatto io al
suo posto? era la domanda che avevo fissa in testa, che cosa avrei
fatto io al posto di tutti loro e mi sembrava una presa per il culo così grande
insegnargli l’italiano quando i problemi e la sofferenza che avevano erano così
tangibili e reali, ma almeno cercavo di amarli, quello potevo farlo, di amarli
veramente, con tutto me stesso fino al punto di non avere più le
forze, l’energia, nemmeno di sentirmi vivo, di essere consapevole, il mio corpo
continuava ad andare finché non è crollato, la mia mente si è rifugiata nei
luoghi più belli che possiedo, quelli della mia anima, gli ho allungato venti
euro a shadat e lui mi ha dato un paio di heneiken, era così lucente il mare
quel giorno, le onde, i riflessi, il mio corpo dimagrito e stanco, era così
bello avere una donna vicino che mi amava, che non sopportavo pensare
al dolore della vita eppure era sempre lì presente, a volte dentro di
te, a volte nelle persone che avevi intorno e allora mi sono tuffato
sotto l’acqua e avrei desiderato scomparire, essere solo una scintilla di luce
che muore sulla schiuma bianca delle onde.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
ZetaElle #28
Tornato in città Zito Luvumbo si era ritrovato pieno di cose da fare e organizzare. Simulazioni di guerriglia urbane per le strade dei qua...
-
I dolori iniziano lunedì mattina, al lavoro. Durante la lezione mi tocco il lato destro della bocca e sento crescere una...
-
Ce l’hai una sigaretta? - chiede il tossico. Non fumo, mi dispiace – rispondo. Allora che me la vai a cercare? No, non ho quest...
-
Per capire il significato di quella perdita dovresti passare almeno cinque o sei anni con una stessa persona e vederla tutti i giorn...
Nessun commento:
Posta un commento