lunedì 29 luglio 2013

homesick #1

Non ci avevo messo molto a preparare lo zaino. Quello che ero riuscito ad infilarci dentro nella fretta e nella confusione. Il vecchio Lee aveva ragione. Ogni uomo doveva sempre essere pronto a cambiare luogo, casa e paese e tutto quello che gli serviva doveva entrare in uno zaino. 

Per strada non riuscivo a mettere a fuoco quello che avevo davanti, mi muovevo velocemente, il caldo era troppo forte per la stagione e le vie troppo lucenti. Le foglie degli alberi erano di un verde brillante, nate da poco e si muovevano nell’aria, risplendendo nell’oro del giorno. Ho preso un tram a Via Carlo Felice e sono andato verso San Lorenzo. Nella nuova casa mi aspettava un ragazzo, mi ha aperto, quando ho bussato alla porta e mi ha fatto entrare. Ho posato lo zaino nella mia stanza e sono sceso di nuovo per le strade, per immergermi nella realtà, avevo passato troppo tempo in disparte, chiuso in sterili illusioni. Una signora spingeva un carrello, vestita di nero, un uomo era appoggiato ad un angolo di un palazzo, la barba lunga, al riparo dal calore. Un vecchio era seduto da solo davanti ad una giostra che non si muoveva. La morte era un bambino  silenzioso che si succhiava il pollice.

Ho comprato una lampadina per leggere la notte e lenzuola arancioni.

Poi sono tornato a casa. Ho sistemato la roba che avevo nello zaino, un paio di libri sul comodino, il computer sulla scrivania. Ho preparato il letto e mi ci sono steso sopra.

Fuori dalla finestra la luce iniziava a nascondersi dietro ai palazzi. 

E per le strade i volti incattiviti dei miserabili si allungavano ghignanti fra le prime ombre della sera.


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