Ombre
geometriche lungo la prospettiva, le fredde mattinate a camminare piegato
contro il vento, i primi fiocchi di neve, il cielo grigio come pietra, il
perché dell’odio cieco, il perché delle stelle oscurate e del loro lento e
inevitabile oscurarsi, le fanciulle continuano a crescere, i loro seni a
sbocciare, il pittore rimaneva a guardarle, a immaginarle in linee e colori, la
carne viva e pulsante, i respiri nel petto, la punta dei tuoi capezzoli rosa
sulla mia lingua - a volte bisognava staccarsi dalle donne, allontanarsi,
rimanere da soli e passeggiare vicino ad antichi alberi neri, fantasticare tra
le ombre dei loro rami - l’alto palazzo ricoperto di pece che si scioglieva, le
finestre accese come miriadi di occhi che non guarderanno mai più da nessuna
parte, le scie delle luci rosse, le macchine dirette verso destinazioni ignote,
seguire la strada senza domande, molti si perdevano e i gesti iniziavano a conoscere
la ripetizione, il movimento della ruota, la mano meschina e truffatrice che la
faceva girare - a testa bassa rimango seduto accanto ad un muro, lontano da
casa, in attesa, il ricordo dei minareti, delle torri, invochiamo ad alta voce
la catastrofe finale, attendiamo in ginocchio divinità già morte, una pallida
aurora che scivola tra le dita, i tuoi capelli sparsi sul cuscino, un lento respiro
dopo l’altro, la pioggia di un’altra città perduta nelle mappe del mondo.
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