martedì 29 luglio 2014

le alte torri #6

Le luci arancioni oscillavano nel cielo, sopra le strade, tra i palazzi, le ombre degli alberi erano minacciose, fra i rami neri e le nubi di foglie si aprivano squarci viola, l’elettricità vibrava nell’aria, i primi tuoni, i flash azzurrini dei fulmini. Ombre tra le ombre, alcune figure sdraiate per terra, accanto ai muri dei palazzi, sotto sporgenze che riparavano dalla pioggia. I più fortunati mettevano i loro cartoni su delle grate da cui usciva dell’aria calda. Le coperte luride, il vino scadente, un’ultima sigaretta prima di addormentarsi. Queste figure si scioglievano nell’asfalto, negli angoli dimenticati delle strade, diventavano forme misteriose. Le voci di alcuni si levavano alte verso gli dei o quello che ne rimaneva, le parole oscene, le risate indemoniate, la follia che ti accoglieva nel suo abbraccio, il confine era sempre più vicino, da giovani era facile, c’era l’energia, la forza, da vecchi sarebbe stato più complicato, passare le notti al freddo, stendersi sulla strada nuda, raccogliere il coraggio, sentire la fiamma ardere ancora. Per alcuni era solo un incubo senza risveglio, per altri un modo di allontanarsi da tutto, c’era chi si era ritrovato da solo, senza scegliere e non poteva fare altro che andare avanti.

Passo sotto il tunnel e dal cielo iniziano a scendere le prime gocce di pioggia. Le vedo nei fasci di luce arancione che irradiano i lampioni. Contrasti con il cielo viola. I palazzi oscuri. Cammino sotto il tunnel, i rumori ovattati. Il rimbombo dei motori delle macchine, suoni come sfere che rimbalzano da parete a parete, le mie gambe si muovono arcuate, quasi di gomma, riesco ad uscire dall’altra parte, guardo i palazzi e la pioggia che scende, attraverso la strada e trovo riparo davanti ad un portone, alzo gli occhi, gli edifici della stazione, quello a destra del tunnel, ricoperto di marmo bianco, a tratti annerito dai gas di scarico, ora lucente di elettricità tra i flash dei fulmini, sulla sommità dell’edificio si innalzano strutture cilindriche simili alle enormi canne fumarie delle navi e furono il mare e le onde e i gabbiani impazziti e l’arrivo della tempesta e le urla dei marinai atterriti, nella sua cabina il capitano scriveva in maniera folle sul libro di bordo, un’ultima tirata dalla sua pipa d’oppio, la nave era senza controllo, gli abissi marini, i vortici d’acqua, le visioni oscure, l’improvvisa calma e i mari del sud, l’aria immobile, il capitano senza camicia seduto su una sedia di legno, le antiche mappe, il corpo di una fanciulla seminuda sdraiata su una poltrona.

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