I tossici seduti nel tram, i
movimenti rallentati dall’eroina, le palpebre scure e pesanti, le parole
strascicate, l’ombra di un veliero sull’enorme facciata gialla di un palazzo, i
riflessi di luce delle antenne, prendiamo coscienza di quanto è stato già
fatto, di quanto non accadrà mai più, di tutto quello che non avremmo dovuto
ripetere, giorno dopo giorno, scaviamo solchi sempre più profondi, alcuni
arrivano alla giusta distanza, perché siano in grado di entrarci in piedi,
dentro la fossa, uno sguardo al cielo che diventa piccolo e insignificante, i
fucili che sparano a salve, in segno di saluto o di resa, qualcuno sta
piangendo? Qualcuno che prega? Il rumore di un vento leggero che attraversa le
foglie, gli occhi limpidi di una bambina e le sue minuscole dita che giocano
con le mie, cercando di afferrarle, in quel tempo lontano, di promesse e
colorate illusioni, camminavo dalla spiaggia verso la casa, la pelle
abbronzata, i capelli lunghi, il sentiero saliva dolce tra cespugli di mirto e
rosmarino, alcune ragazze passavano, sorridendo, nei loro minuscoli costumi, i
capelli ancora bagnati, ne potevo sentire l’odore, ci guardavamo, ci
scivolavamo accanto, c’erano lucertole immobili, stese sopra le grandi pietre, intrappolate
dal sole, nella casa qualcuno stava cucinando, arrivavano odori, il vino bianco
ghiacciato dentro al frigo, lei era sdraiata sul divano, sembrava addormentata,
le labbra leggermente socchiuse, le ho accarezzato i capelli e poi ho guardato
lontano, oltre il suo volto, nel luccichio irraggiungibile del mare, vele
enormi e gialle spinte dal vento, brillavano nell’azzurro gli occhi limpidi di
una bambina che cercava di afferrare le mie mani.
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