sabato 30 maggio 2015
senza titolo
venerdì 29 maggio 2015
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giovedì 28 maggio 2015
camminare #2
giovedì 21 maggio 2015
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henry david toreau
camminare
mercoledì 20 maggio 2015
homesick #20
Mi avevano dato degli ingressi gratuiti per la galleria Borghese e allora ci sono andato insieme a quattro ragazzi della scuola, di primo pomeriggio, era autunno e la luce era dorata, come all’interno di un sogno e a villa Borghese, mentre camminavamo, sembrava quasi di trovarsi in un altro mondo, lontani dai neon della classe e dai suoi muri rosa pallido, un mondo reale e vivo, fatto di colori e suoni e profumi, la sensazione dell’aria sulla pelle, la luce che brillava sulle acque del laghetto per poi riflettersi sulle foglie degli alberi e abbiamo continuato a camminare, in silenzio, altre volte i ragazzi parlavano le loro lingue e io non capivo nulla di quello che dicevano, mi bastava però guardarli negli occhi e sentirmi partecipe delle loro emozioni. E dentro la galleria Borghese gli ho fatto vedere le statue del Canova e del Bernini e alcuni quadri di Caravaggio e i ritratti giovanili dello stesso Bernini, ci siamo fatti delle foto e loro mi sembravano leggermente imbarazzati di stare in quel museo, pieno di capolavori della nostra arte, era incredibile come la superficie di quei corpi di marmo fosse così magnetica, sembravano vivi, ti veniva voglia di accarezzarli, c’erano il ventre e i seni e le braccia di Dafne che volevo toccare, sentivo il contatto di quel corpo sotto le mie mani, erano solo fantasie, però una sega me la sarei sparata sui piedi della signorina Borghese, così sdraiata in maniera lasciva, li avrei inondati di sborra calda quei piedini così perfetti, il Canova ci aveva fatto proprio un bel lavoro con quel marmo, chissà se qualche vizioso di alto ceto, nobile o ecclesiastico, davanti a quella statua non ci abbia avuto gli stessi pensieri, che secondo me, quando non c’era nessuno in giro, qualche schizzo ce lo lasciavano su quei miracoli di materia inanimata.
E poi fuori, a passeggiare tra gli alberi, in tranquillità, mi tornavano in mente e nel corpo le sensazioni di Amsterdam e di quel giorno magico a Vondelpark e siamo andati fino al Pincio e poi siamo scesi verso l’accademia francese e Trinità dei Monti e c’erano degli alberi di cachi e alcuni si vedevano tra le foglie, maturi e succosi, c’era pure venuta un po’ di fame, che non avevamo pranzato e allora Modou si è arrampicato sulla ringhiera, che quasi mi veniva un colpo al pensiero che potesse cadere di sotto, ma lui ci sapeva fare con i rami e gli alberi e la frutta e sembrava sicuro, comunque gli tenevo la maglietta e lui, in piedi sulla ringhiera, si è aggrappato ad un ramo con la mano destra e con la sinistra ha iniziato a prendere questi grossi cachi e poi li passava a Kassim e quando ne hanno raccolti quasi una dozzina ci siamo seduti su una panchina a mangiarli ed erano così dolci e maturi e i turisti che ci guardavano in maniera strana e noi sorridevamo e tutto sembrava così splendente e vivo ed eterno.
E la sera, a casa, mentre cenavo con i ragazzi che abitavano con me, si parlava di alcuni lavori telefonici e uno di questi ragazzi, poco più che ventenne, mi spiegava come inculare le vecchiette al telefono per farsi dare informazioni su possibili case in vendita, sembrava un buon metodo, almeno lui diceva che funzionava, poi dopo un po’ che aveva fatto questo lavoro gli era venuto il dubbio che forse inculare le vecchiette non era un buon modo per vivere come quello di fare mille telefonate al giorno per aumentare di qualche euro il proprio stipendio, meglio tardi che mai, avevo pensato dentro di me, mentre mi bevevo un goccetto di vino, almeno una parvenza di moralità esisteva ancora in questi ragazzi, non so quanto sarebbe durata, perché là fuori, nel mondo, la situazione era sempre più difficile, c’erano lupi famelici, li vedevo ovunque, nelle loro giacche e nelle loro cravatte, c’erano soldi da guadagnare ogni giorno e persone da fottere, era la vita che ci avevano regalato, se non ci stavi bene dentro questo modo di fare erano cazzi tuoi - mi ero messo da parte un po’ di soldi, c’avevo un lavoro che mi permetteva di stare con gli altri senza dovergli per forza fare male, m’ero rotto i coglioni però delle condizioni e dopo cinque anni era arrivato il momento che cambiassero, c’avevo avuto questi scontri con il mio capo che ancora dovevo vedere se avrei ottenuto quello che volevo, però un po’ di pepe al culo glielo avevo messo e sto culo che si ritrovava grosso e molliccio l’aveva pure stretto, che la strizza gliela avevo fatta venire, magari andando da qualcuno a denunciare due o tre delle merdate che nel corso di questi anni avevo visto e vissuto. E il capo adesso mi salutava con più calore, magari mi si voleva comprare, il dritto, ma non me ne fregava niente di aumenti o privilegi, volevo solo una bella stanza, io, con tanta luce e tanta aria fresca dove continuare ad insegnare ai ragazzi che mi venivano a trovare, c’erano così tante cose da fare quando gli spazi non ti opprimevano e soffocavano. Un po’ di luce e un po’ d’aria, che come richieste non mi sembravano così impossibili da soddisfare.
venerdì 8 maggio 2015
freewheelin' #23
giovedì 7 maggio 2015
sacrobosco
domenica 3 maggio 2015
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ZetaElle #28
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