due uomini parlano in turco, le immagini degli edifici
a tre, quattro piani che scorrono fuori dai finestrini del tram, il corpo
sventrato di un palazzo, le sue ossa di ferro, gli alberi spogli, spettrali, le
linee geometriche di una piramide bianca, un uomo seduto che si tocca di
continuo i capelli, appiattendoseli sulla nuca, per nascondere la propria
calvizie, l’illusione della stasi e del movimento – le voci sempre troppo alte,
inutili, un vecchio che legge il giornale, assorto, stanco delle chiacchiere,
indifferente a tutto quello che si muove e si ferma dietro di lui, il cigolio metallico
delle giunture dei vagoni, le ragazze sedute per terra, le gambe incrociate, i
viaggi fino al mare, quando ero un ragazzo anche io, le bestemmie e le risate,
gli occhi di mariagrazia mentre stiamo bevendo una birra e parliamo, dopo
tanto, tanto tempo, un contatto intenso, profondo – un ragazzo che si alza dal
suo posto e lascia sedere una signora anziana, lei ha delle buste che si mette
tra i piedi, le vene bluastre in evidenza sulle mani ormai invecchiate, gli
anelli, gli occhi chiari rinchiusi in una maschera devastata dal tempo, la
caviglia nuda di una ragazza, accanto a me, una fugace apparizione della sua
pelle bianca, le unghie finte delle dita, laccate di rosso, mentre le muove
facendole scivolare sul nulla – le porte automatiche si aprono/si chiudono,
nessuno entra, nessuno esce, piccoli sogni vuoti, idee di viaggi che non si
realizzeranno mai, le delusioni future, atroci scherzi che distruggeranno i
tuoi anni - le lacrime come amiche - tornare indietro, stazione dopo stazione,
i pomeriggi a casa di alessio, un pianoforte muto, una sera mentre aspettavamo
il treno, giorgia seduta sulle mie ginocchia, il giorno che io e marco
l’abbiamo accompagnata a prendere un pullman, il giorno che è uscita per sempre
dalla mia vita – le striature di luce nel cielo, travestite da nubi, tatuaggi
sulle dita di un uomo appoggiato ad una delle porte automatiche, adesso chiusa,
il suo sguardo che accoglie le immagini in movimento, all’esterno, pensando
altrove, al suo paese, a tutto ciò che è stato lasciato indietro, le orme
cancellate sul bagnasciuga, gli ultimi respiri dei tramonti d’inverno – le file
dei cipressi, le gru e i bassi edifici industriali, le dita di una ragazza
asiatica, quante volte ho sognato le tue mani, nelle notti adolescenti, quando
ci siamo abbracciati ad un concerto, quando ti sei sdraiata accanto a me, in
una cuccetta, in alto, in un viaggio in treno verso la sicilia, la tua presenza
così calda, reale, le dita intrecciate, le mie mani che ti accarezzavano il
viso, i baci leggeri che ti lasciavo sulle labbra – un barbone che sale e
ripete, qui c’è un barbone, le buste piene dei resti della sua vita, stella
polare, castel fusano, il palazzetto dello sport, come un enorme sombrero
messicano lasciato sul cemento, le gare di judo di valerio e noi che lo
andavamo a guardare, a tifare per lui, il giorno che ho partecipato ad un
concorso, lì dentro, un’enorme gigantesca farsa e poi sono andato a prendere il
fumo in un piccola capanna di legno sulla spiaggia e il tipo che me l’ha
portato aveva un problema ad un orecchio e mentre l’aspettavo mi sono sdraiato
sulla sabbia e ho letto un libro e il giorno dopo sarei dovuto partire per la
sardegna – i fiori viola splendenti nel verde delle foglie, il mare in
lontananza, la linea dell’orizzonte, la quiete dei respiri, il silenzio per
raggiungerla.
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