Sono in un bagno e il pavimento è di cemento
grezzo, senza mattonelle, con delle piccole vasche, l’acqua scorre sulle pareti
e poi ci finisce dentro, mi avvicino ad un muro, è aperto e posso vedere
dall’altra parte, ci sono strane tubature e meccanismi idraulici – torno in
un’altra stanza, Maria è sdraiata sul letto, le chiedo quanto tempo sono
rimasto nel bagno, mi risponde quasi un’ora, le dico che non è possibile, per
me saranno passati meno di dieci minuti – cerco dell’hashish su un tavolo per
rollare una canna, ci sono diversi involucri, ne prendo uno ma una donna mi
dice che quello è il suo, vedo un pacchetto di sigarette e lo apro e dentro c’è
un pezzetto di fumo, il mio – Matteo e Marco sono seduti nella sala da pranzo
della casa di mia madre, è giorno, dalla finestra aperta osservo le immagini di
una città abbandonata, gli chiedo che ore sono, quasi mezzogiorno, distorsioni
temporali nella mente, la notte passata con altre persone, l’emmedi avvolto in
una cartina e ingerito, una villa in campagna, la guardo da fuori, poi sono su
uno dei suoi terrazzi, decadente e in rovina, mattonelle di pietra e ringhiere
arrugginite, davanti ci sono dei campi incolti e brulli, uomini che camminano
in fila lungo delle reti di metallo, sei mai stato qui? Chiede una voce, non
posso rispondergli perché sono già altrove.
venerdì 7 aprile 2017
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