Sono in un corridoio e cammino
verso un portone, da dietro arriva un bambino e mi passa davanti, poi una
bambina, la guardo e la chiamo, è Sara, lei si gira e mi osserva incuriosita,
si avvicina, non ti ricordi di me? le chiedo, lei continua a guardarmi, poi
dice il mio nome, qualcosa si scioglie nel mio petto, mi inginocchio per
abbracciarla e sento il suo cuore battere – centri di accoglienza, stanze e
corridoi, vecchie cucine con fornelli arrugginiti, le pentole, i coperchi, le
posate da lavare, una bacinella di plastica piena di acqua sporca, ho una
discussione con una ragazza orientale, parliamo in inglese, mi dice che non
posso cucinare lì, non ne capisco il motivo, le dico di spiegarsi meglio, lei
si offende, arrivano altre persone, un uomo con una polo bianca, fisso il
piccolo disegno del logo sul suo petto – spostamenti in macchina e montagne e
il mare in basso, i colori magnifici dell’acqua, decine di tonalità di blu e
azzurro, sentieri, la spuma delle onde, un piccolo villaggio e la terrazza di
un ostello che brilla nella luce del sole, voci in spagnolo che provengono da
un cortile, dei ragazzi seduti su dei divani logori – le stanze buie, le
vernici scure, la roba da spostare, le valigie con i vestiti, il silenzio della
mattina, il mondo oltre i vetri delle finestre, volti velati dall nebbia,
l’inverno che attende le maschere della primavera.
martedì 25 aprile 2017
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