sabato 28 luglio 2018

Manchester #5

Potremmo ridurre il linguaggio a una serie di stronzate, di ridicoli segni trasformati in suoni, diceva il Dottor Ballard, dalla sua poltrona di pelle nera, dietro la scrivania di legno e metallo, senza dimenticare l’uso erroneo che ne viene fatto dalla maggior parte delle persone, le quali si sono ritrovate a esprimere, attraverso di esso, cose che neanche capiscono o semplicemente ad utilizzare questo strumento nella maniera sbagliata con il disastroso risultato di riempire l’aria e il mondo con le loro merdate. 
Immagina di camminare per un sentiero in un bosco e dimenticare il linguaggio verbale, non avresti più categorie mentali per ridurre la realtà intorno a te in parole, dovresti solo affidarti alle tue percezioni e lasciarti guidare da esse. 
Il Dottor Ballard aprì una piccola scatola di avorio, all’interno c’erano diverse pillole, prendi quella rossa e mettila sotto la lingua, mi disse. Raccolsi il suo consiglio insieme alla pillola, poi chiusi gli occhi e attesi. 
Qualcuno doveva aver abbassato le veneziane delle finestre, perché adesso la luce arrivava a strisce parallele con porzioni di buio violaceo, pensai alla notte e sentii un odore come polvere di stelle, lascia stare i pensieri, sussurrò una voce, segui il flusso delle immagini, stazioni, macchine, deserto, l’oscurità ai limiti della città, le cosce aperte e sudate di una donna messicana, avanti leccami la fica comandava uno stivale di pelle nera, ti viene duro, vedi, non puoi farci niente, insinuava la giovane segretaria con le gambe divaricate, piloni dell’alta tensione, stazioni fantasma, una mano invisibile aveva cancellato le ultime parti di una sceneggiatura psicosomatica, non ricordavi più dove eri stato? Dottore? Cosa possiamo fare? La siringa fra le dita, il siero che gocciolava dalla punta dell’ago, gli eserciti di formiche in tenuta antisommossa, avranno la loro rivoluzione grugniva il dittatore mentre si masturbava con un cavo elettrico, ferma il pensiero, registra i tuoi esperimenti psichici su un nastro magnetico, uno di fronte all’altro, le gambe incrociate, gli sputi nella bocca, ferma la macchina, continua a leccarmi la fica, ferma, taglia, riproduci, inverti, crea una nuova linea atemporale di idee in espansione, esplosioni di porte in uscita, i corridoi si moltiplicano, le stanze di asfalto, chi comanda, chi chiude i pugni e raccoglie le schegge dalla terra, improvvise melodie e volti e poi scaraventa le maschere oltre le barriere del suono, aerei da caccia che attraversano iridi e pupille, l’apocalisse fradicia di sudore, godi in ginocchio e marcia tra folle di poveri stronzi, ferma la macchina, bisogna dormire, le prime luci dell’alba, il canto degli uccelli, i sibili delle televisioni, le gocce di abbandono, il profumo della collera, la rabbia blu, le mistiche caverne e le eco di stonate verità, tutto questo e altro ancora e – cammina su quel sentiero, sussurra ancora il Dottor Ballard, segui le forme, i colori, i suoni, impara a sciogliere i nodi, guarda te stesso, guarda l’altro che guarda te stesso, siedi in silenzio e lascia la mente vibrare in questo vuoto infinito.

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