martedì 15 dicembre 2020

Cigarrones #17

 Dame cinco duros - biascicava Paul, strisciando per terra, nell’etilica imitazione  di qualche pezzente alcolizzato che aveva visto mendicare a Granada nel periodo in cui aveva vissuto lì. Per un momento avevo quasi pensato che fosse uscito fuori di testa, dopo tutto l’alcol e le droghe dei giorni precedenti (era stato il suo compleanno) e Tim, Alfie e gli altri avevano organizzato un party, gli Absolute Pantz avevano suonato con Paul alla batteria e Andy con una parrucca rosa in testa e io con la videocamera in mano a riprenderli e un boccione di rosso poco distante per darmi la giusta misura di quello che stavo facendo. Durante una delle canzoni, credo fosse Run rabbit run, c’erano stati un paio di minuti di panico, con tutti che stavano scappando in ogni direzione possibile perché qualcuno aveva urlato che stava arrivando la guardia civil e invece non era vero un cazzo e il tipo che aveva gridato (probabilmente sotto gli effetti di qualche sostanza psichedelica) aveva scambiato i normali fari di una macchina per i lampeggianti della polizia, poi la musica era ricominciata, più assordante e folle di prima e io avevo smesso di riprendere e avevo continuato a bere e poi non ricordo bene cosa sia successo, c’era Uncle Eddie che distribuiva in giro pezzi della sua space cake e io ne ho mangiato uno e poi quando l’effetto è salito ho sentito le gambe farsi molli, di gomma e i pensieri svanire e diventare colori e non ho potuto fare altro che trascinarmi verso la tenda dove dormivo e perdere quei pochi sensi che mi rimanevano.

Il giorno dopo o quello dopo ancora avevo trovato Paul di nuovo ubriaco (o forse la sbronza non gli era mai passata), doveva essere mattina tardi e lui stava bevendo una birra, gli ho chiesto se ne avesse un’altra e lui ha indicato una borsa frigo vicino al divano viola, mi sono seduto, ci ho messo una mano dentro e ho pescato una lattina, l’ho stappata e ho dato un sorso. La cerveza era tiepida come piscio. Allora mi sono ricordato che avevo nascosto (previdentemente) una bottiglia di vodka dentro il bus con gli strumenti musicali di Tim, sono andato a prenderla e ho preparato un paio di vodka tonic (per fortuna c’erano ancora alcune bottigliette di schweppes in giro). Niente ghiaccio, ma l’essenziale ce l’avevamo.

Io e Paul abbiamo continuato a bere tutto il giorno, ogni tanto lui intonava una canzone e la sua voce era calda e impastata ma anche molto dolce, seguiva il flusso della propria ispirazione fino a quando non si è messo a interpretare il Mendicate di Granada e a farmi rimanere a bocca aperta, sorridendo, per la toccante sensibilità della sua performance.

Poi la sera è arrivata insieme ad altre persone, alcune di esse si sono messe a suonare, la musica vibrava nelle sfumature lisergiche del tramonto, una ragazza mi ha passato un quarto di acido, qualcosa di leggero, giusto per attraversare la notte e con essa ogni domani che non avrei mai vissuto se non nella mia immaginazione, perché è solo il presente il tempo dell’uomo, come qualcuno più saggio di me aveva scritto nei suoi diari di cangianti e sempre mutevoli illusioni.


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