martedì 28 gennaio 2014

le alti torri #3




Ci ritroviamo trasformati in esseri lucenti, mentre il fumo esce a strisce dalle mie labbra, c’è un momento prima del risveglio in cui dal buio circostante nascono creature fatte di suoni e colori sconosciuti, ti muovi lento tra di loro, tutti i tuoi gesti sembrano far parte di antichi rituali ma ti stai solo rigirando tra le lenzuola, alcune volte sei sulla cima delle alte torri vicino alla stazione e guardi il mondo e i palazzi e i loro tetti e le antenne che danzano nell’aria della sera, le scie degli aerei nel cielo, connessioni invisibili che creano reti di comunicazione silenziosa, ghigni che esplodono dagli schermi - camminavo con una bustina in tasca, dopo essere stato dal vecchio, non sempre la condizione fisica della sostanza era la stessa, poteva essere liquida, in polvere, poteva essere un semplice gas da inalare, qualcosa di solido e gelatinoso da ingerire, la sostanza assumeva forme differenti, la sostanza diventava una presenza nella tua mente e nel tuo corpo, una presenza che dovevi conoscere, con cui dovevi confrontarti, la sostanza eri te stesso in altri milioni di vite possibili, era partire da quell’eventualità, da quell’apertura improvvisa nel reale, nell’essere scaraventati in un altro corpo che era sempre il tuo ma diverso, perché le strade della città erano sconosciute e allo stesso tempo familiari, le persone che ti guardavano mentre camminavi, gli sguardi, fermavi i loro occhi in attrazioni magnetiche, come calamite le pupille si attiravano, entravi dentro, vedevi cosa c’era, gli occhi scintillavano, camminavi un altro po', bevevi acqua da una fontana, lunghi respiri, ragazzo, come il vecchio ti aveva insegnato, scorrere in questa fluida sorpresa fatta di aria e luce - lei sedeva a gambe incrociate su un grande cuscino nero, le dita che scivolavano tra i capelli, le giovani prostitute sdraiate sui sofà di qualche bordello ad imparare l’amore, perché siamo tutti degli sconosciuti e ci aggrappiamo alla pelle per non sprofondare ancora di più nell’abisso e un sorriso e una carezza e un cazzo che ti esplode nella gola in fiumi di calda incoscienza, un momento di passaggio, una nuova soglia, te la mostra lei con i movimenti ritmici delle sue mani e la porta si apre e ne scorgi la luce e le risate e tutte le promesse che si trovano dall’altra parte e ci scivoli dentro e ti sciogli in un liquido lattiginoso che inizia a colare tra le assi del pavimento, giù negli interstizi tra la polvere e il buio, gli occhi psichedelici di un ragno che dondola nel nulla, il suono dei grilli nei caldi pomeriggi d’estate, mi mettevo una mano sulle  palpebre, il sole era un occhio senza scrupoli, il mio palmo era rosso, l’aria sfiorava l’erba dei prati e la vedevo muoversi in onde azzurrine, vuoi un’altra tazza di tè? Sussurra l’arabo dentro il suo negozio. 

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