Il
dottor Ballard parlava sempre del tempo, della pioggia e del sole, del freddo e
del caldo, trovandosi ogni volta scontento, era una sua ossessione. Incontrai
Lynn in un sogno, era un gatto che mi si strusciava addosso. L’avevo
riconosciuta dagli occhi. Durante la cerimonia, lungo le strade, gli uomini
incappucciati portavano croci infuocate. Altri indossavano maschere bianche con
baffi neri, camminavano in fila, tra le urla delle persone che assistevano
all’antica processione. Sarebbero arrivati in una vallata, una volta lasciati i
vicoli del paese, le case basse da cui si affacciavano uomini e donne,
completamente ubriachi e urlanti. Nella vallata avrebbero acceso un immenso
falò, per dare fuoco alla notte e ai suoi demoni. Nella mia stanza, nel
quartiere, era entrato qualcuno. Avevo trovato i cassetti aperti. Non era stato
portato via niente, non c’erano orme o tracce. La persona che era entrata o
l’entità che vedevo nella mia mente aveva fatto saltare la serratura con un
tubo di acciaio o almeno questa era l’ipotesi più probabile. Assunsi un po’ di
polvere verde, sdraiato sul letto, mentre qualcuno cercava di riparare la
porta. Le entrate e le uscite andavano sempre controllate, bisognava ripassare
le parole e le frasi per poter passare, non tutte le porte erano normali,
alcune avevano strani poteri e potevano condurti, velocemente, in luoghi
misteriosi. Erano mesi che esploravo queste entrate e il modo di usarle. La
porta del mio appartamento era normale, l’uomo che la stava aggiustando, che
vedevo per la prima volta, mi chiese se volevo apportare qualche cambiamento, i
suoi occhi luccicavano, gli offrii della polvere verde e gli dissi che fare una
modifica era un’ottima idea, lui si mise subito al lavoro. Fotografie mentali
in bianco e nero della luce e dell’ombra, dei volumi dei palazzi e delle
prospettive, aveva piovuto molto la notte passata e il giorno dopo, di mattina,
mentre passeggiavo per le strade ancora bagnate, osservavo il mondo attraverso
i riflessi delle pozzanghere, il mondo capovolto, le radici come rami, guardai
il cielo al contrario e camminai sulle nuvole, la polvere verde stava
funzionando, quando ero tornato a casa mi ero accorto che qualcuno era entrato
durante la mia assenza, nulla era stato portato via, quella persona o
quell’entità stava cercando qualcosa, avevo ridato la valigetta a Pavel da
molto tempo o almeno pensavo che fosse così, tenevo le sostanze in una scatola
blu che avevo nascosto in un luogo segreto, non rivelando neanche a me stesso
quale fosse ed era impossibile per chiunque trovarla, nel momento in cui avevo
bisogno delle sostanza, bastava che pensassi alla scatola blu per farla
apparire nella mia mano. Il lavoro è finito, disse l’uomo della porta, sorridendo,
questa è la chiave. E me ne mise in mano una esagonale, azzurra. La serratura
era dello stesso colore. Grazie, gli dissi, prima di ucciderlo.
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