Pioveva. Ero seduto
sotto una pensilina, aspettando il tram. Il cielo era viola, graffiato da ombre
di un blu elettrico, la pioggia arrivava obliqua, tagliando l’aria. Sopra di me
si annodavano delle strade, gli alti pilastri di cemento, colonne di un tempio
pagano, piccole alcove di metallo assumevano fisionomie demoniache, lampi di
luce che abbagliavano la mente, poi nuove oscurità e il vento che trascinava la
sporcizia della strada in brevi vortici improvvisi, la facciata di un palazzo
era coperta da un enorme telo pubblicitario, l’aria lo gonfiava, movimenti
ondulati sulla sua superficie, altre persone, vicino a me, stavano aspettando
il tram, parlavano, le loro voci svanivano nell’attesa, le luci dei lampioni,
arancioni, si accendevano a intermittenza, in un linguaggio cifrato che non
riuscivo a comprendere, un padre con il figlio si raccontavano le stesse bugie
di sempre, respiravo piano, calmo, il tram non arrivava, i fili elettrici
vibravano in una musica notturna, in una danza di oscillazioni future.
sabato 9 aprile 2016
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