Le
tende si moltiplicavano nelle strade, passavano i giorni e le settimane,
seguendo un ordine casuale, lungo le mura della stazione, lungo i marciapiedi, gli
uomini scuri si accampavano, soffiava un vento carico di sabbia, la notte,
visioni del deserto, i fuochi accessi, i canti e le preghiere, dall’alto di una
delle torri potevo vedere le loro fiamme ardere, le tende si moltiplicavano,
seguendo schemi geometrici, come le colonne che sostenevano le arcate sotto le
quali mi ritrovavo a passeggiare, si ripetevano all’infinito, i mosaici dei
pavimenti cambiavano forme e composizioni, a volte alcuni tasselli sembravano
alzarsi o abbassarsi, potevo saltare da uno all’altro, come in un gioco di
bambini - il sole filtrava attraverso la schiuma della birra, la luce si
scomponeva in migliaia di scintille, in terrazza, nelle mattine primordiali del
mondo, il sole veniva adorato da uomini nudi, il mio corpo sudava,
incandescente, energia rossa e pulsante, i gabbiani volavano sempre più lenti,
fino a fermarsi nell’aria, la notte, le stelle parlavano attarverso alfabeti
dimenticati, la pioggia avrebbe portato via tutto, gli uomini e le donne nelle
loro tende, la sporcizia, le malattie, un ultimo bacio prima di chiudere la
bocca tra oscenità irripetibili, un esodo di migliaia di corpi che si
trascinavano sull’asfalto, una carovana invisibile di tutti i morti che erano
affogati nel mare e fra le urla delle onde, camminavano ancora lì sotto, uno
dietro l’altro, sarebbero riemersi nei nostri sogni, nelle immagini che la
mente cercava di nascondere, anestetici sempre più potenti, per non pensare,
per non guardare, le lacrime che scendono dagli occhi di una donna cieca, per
capire il dolore del mondo basta solo dare ascolto al proprio cuore.
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