Ancora
immagini proiettate nella mente, le grida degli uomini e delle donne, il mare è
un vortice, l’occhio degli abissi si apre, cadono i corpi in acqua, si
aggrappano tra loro, sprofondano, risalgono, si perdono nell’oblio, le urla
uccise in gola, inghiottite come spade, le lunghe file di uomini e di donne,
attraverso il deserto, le visioni che tremano oltre l’orizzonte delle dune, le promesse sarebbero state rispettate?
– le notizie modificavano le strutture cognitive del reale, le persone le
assimilavano, le mettevano in circolo a grandi dosi nei loro cervelli, ne
rimanevano intrappolate, i percorsi erano già stati segnati, le dicisioni
prese, le persone erano spinte come aninali da macello verso il luogo della
loro morte, gli occhi placidi, le teste abbassate, le loro menti oscillavano
come pendoli funebri tra i due limiti di un nulla vasto e polveroso, soffiava
un vento gelido e di notte il cielo era oscurato, si accendevano torce e le
processioni proseguivano e scomparivano oltre la vista. Sarebbero arrivati in
molti, disperati, afflitti, pieni di illusioni. Il meccanismo, la macchina, la
ruota. Li avrebbe fatti salire per un giro gratutio, poi non ci sarebbe stata
pietà per nessuno. Un futuro da schiavi – qualcuno continuava a parlarmi, di
notte, nei sogni, negli stati di alterazione, negli altri mondi che visitavo,
c’erano volti differenti, incontri inaspettati, aperture improvvise nello
scorrere degli eventi, ma quella voce ripeteva la sua rabbia, il suo odio,
vedevo alternarsi sullo schermo mentale le proiezioni di un mondo diverso,
qualcosa doveva andare distrutto, prima, tra le fiamme e le esplosioni, ci
stavamo preparando a innalzare nuovi canti che bruciassero le antiche
preghiere.
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