Una casa di legno su una collina, è notte e le stelle sono luminose nel cielo, arriva una macchina con dei ragazzi, escono e scaricano una cassa di birra, camminano tra le ombre, si nascondono nel buio, mi parlano da quell’oscurità – nella casa di mia madre, ci sono alcune persone che stanno bevendo e fumando, una musica che si ripete nella mente, mi affaccio a una finestra aperta e guardo dentro quelle del palazzo di fronte, le luci sono accese, qualcuno sta camminando per le stanze – arrivo ad un’altra casa, enorme, una donna mi accoglie, parliamo in inglese e in italiano, mi chiede se voglio una tazza di tè, le dico di si e la seguo in cucina, è molto spaziosa, ci sediamo ad un tavolo, conversiamo, poi mi domanda se voglio vedere il resto della casa, annuisco, oltrepassiamo una porta e siamo all’interno di un cinema, le chiedo sa fa parte della sua abitazione, lei sorride, poi mi chiede qualcosa sulle torture, se mi piacciono, le dico che ci sono dei giochi di ruolo tra adulti consenziente e le racconto le esperienze che ho avuto – di nuovo seduti ad un tavolo, taglio un gigantesco mango, è succoso e appiccicoso, ancora melodie nella mente, un uomo si avvicina e si siede in silenzio, prende una fetta di mango e la inizia a masticare, ci guardiamo negli occhi, non abbiamo nulla da dirci.
mercoledì 29 marzo 2017
dream #59
Una casa di legno su una collina, è notte e le stelle sono luminose nel cielo, arriva una macchina con dei ragazzi, escono e scaricano una cassa di birra, camminano tra le ombre, si nascondono nel buio, mi parlano da quell’oscurità – nella casa di mia madre, ci sono alcune persone che stanno bevendo e fumando, una musica che si ripete nella mente, mi affaccio a una finestra aperta e guardo dentro quelle del palazzo di fronte, le luci sono accese, qualcuno sta camminando per le stanze – arrivo ad un’altra casa, enorme, una donna mi accoglie, parliamo in inglese e in italiano, mi chiede se voglio una tazza di tè, le dico di si e la seguo in cucina, è molto spaziosa, ci sediamo ad un tavolo, conversiamo, poi mi domanda se voglio vedere il resto della casa, annuisco, oltrepassiamo una porta e siamo all’interno di un cinema, le chiedo sa fa parte della sua abitazione, lei sorride, poi mi chiede qualcosa sulle torture, se mi piacciono, le dico che ci sono dei giochi di ruolo tra adulti consenziente e le racconto le esperienze che ho avuto – di nuovo seduti ad un tavolo, taglio un gigantesco mango, è succoso e appiccicoso, ancora melodie nella mente, un uomo si avvicina e si siede in silenzio, prende una fetta di mango e la inizia a masticare, ci guardiamo negli occhi, non abbiamo nulla da dirci.
martedì 28 marzo 2017
Orgiva #2
I contorni delle montagne alla sera come profili di giganti addormentati, supini sulla terra, le colonne di fumo all’alba, gli accampamenti degli ultimi superstiti, i cani randagi fermi lungo i bordi delle strade e le loro ombre allungate a dipingere i muri, le scritte nere. La vernice che colava sulle pareti dei vecchi edifici in rovina, i mostri di cemento e mattoni, gli ulivi contorti aggrappati al suolo arido, lande desolate in attesa del compiersi di una profezia. Un tavolo di legno sul quale lo scrittore riempiva di parole il suo quaderno, distanze di anni e chilometri, respiri e ferite, i tossici schiacciati dal calore bianco, gli occhi liquidi che si scioglievano sui marciapiedi. Le curve dell’immaginazione, la busta in una mano, gli avanzi e gli stracci, il corpo ricoperto di sporcizia, nessuno ti avrebbe più chiesto il tuo nome, chi eri, quale fosse la tua storia, come eri arrivato in questo luogo. Non c’era più nessuna famiglia, gli amici erano scomparsi e insieme a loro le amanti e le puttane, solo ora potevi osservare cosa fosse rimasto di tutto quel tempo sprecato a rincorrere fantasmi ed illusioni. Aprivi gli occhi e le palme splendevano contro l’azzurro del cielo, sogni e confini, gesti d’amore, palpebre socchiuse sulle labbra del sole.
lunedì 27 marzo 2017
Tan y Graig #4
giovedì 23 marzo 2017
Bryn Rhyg #8
martedì 21 marzo 2017
Bryn Rhyg #7
I dialoghi del risveglio, recitati sulle assi di una mansarda, su un materasso, il rumore dei passi che scendono le scale, lo scrittore ancora addormentato sul divano dove ha passato la notte, una mascherina nera sugli occhi, perché la luce non crei illusioni e ci siano solo le forme di una mente disconnessa dai pensieri, nessuna struttura verbale a costruire le architetture di città di parole e frasi, ci sono voci e la loro percezione è solamente sonora perché il disinteresse protegge lo scrittore dall’ambiguità dei significati, da un passato di echi perduti e lei che esce dalla sauna e saluta lo scrittore e lui ricambia con un cenno del capo e la osserva allontanarsi, perché sembrava che non ci fossero altre possibilità per il suo cuore se non quelle di abbandonarsi a se stesso, sarebbero arrivati di nuovo i colpi sordi e il dolore? Altre parole tenute in gola, altre immagini di una vita che forse qualcuno stava continuando a portare avanti a mia insaputa, l’amore a cui abbiamo rinunciato, la felicità che i giorni hanno cacciato via, una bambina che non sarebbe mai stata mia figlia, perché sapevi che tutti i baci di questo mondo non sarebbero bastati, le mattine in cui ho scritto poesie solo per me, perché ci fosse ancora una voce a ricordarmi che non bisognava mai smettere di lasciare le cose nel luogo in cui le avevamo trovate, tutte le emozioni che non ti confiderò più, a ricominciare ogni cosa dall’inizio ci vuole coraggio, ad ammirare la bellezza di ogni attimo c’è solo il silenzio ad accompagnarci.
lunedì 20 marzo 2017
Orgiva #1
Nuove superfici, l’acqua immobile di una piscina, i tagli diagonali della luce, il prisma della realtà, il cemento e la terra brulla, gli stessi colori, volumi geometrici aridi e spaventosi. Le ombre disegnate sulle strade, gli zingari seduti sotto le insegne di edifici decrepiti e abbandonati, le distese marine osservate in volo, ferme e brillanti come in uno scatto fotografico. Gin e acqua tonica in un bicchiere di plastica, i pensieri al rallentatore, qualcuno osservava i processi mentali e gli occhi azzurri di una donna, un uomo parlava da solo ad un tavolino. I panetti di hashish provenienti dal Marocco, i racconti di Tangeri, seduti a bere tè alla menta, gli odori del mercato, le facciate bianche delle case, le ringhiere di ferro arrugginito di terrazzi immaginari. Le sfumature delle sera, il calore della sabbia che affondava nei ricordi, qualcuno chiedeva se la nostalgia fosse un sentimento reale, c’erano profumi a descriverla e notti e attese e tutto quello che ci siamo lasciati dietro: nomi, volti, impressioni. Alziamo gli occhi al cielo, le stelle e la luna, le stanze dei sogni, le ultime parole sussurrate, lingue sconosciute, le strade che abbiamo abbandonato solo per impararci a camminare.
venerdì 17 marzo 2017
Dimenticando Varsavia (2009)
La neve che ricopriva le strade, i fuochi nei bidoni, i cani che fiutavano l’aria. Intrappolati dentro cappotti troppo grandi i bambini scappavano dall’orrore, i loro occhi avrebbero visto l’abisso, la morte e la follia che si contendevano il declino della razza umana. La notte di Norimberga. Le braccia tese. Piramidi di luce e libri in fiamme. Oceaniche adunate. Lo sciamano che galvanizza le folle. I gesti, il delirio, la voce roca. La massa e il corpo. Il saluto. I tumulti del cuore.
ZetaElle #28
Tornato in città Zito Luvumbo si era ritrovato pieno di cose da fare e organizzare. Simulazioni di guerriglia urbane per le strade dei qua...
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I dolori iniziano lunedì mattina, al lavoro. Durante la lezione mi tocco il lato destro della bocca e sento crescere una...
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