I contorni delle montagne alla sera come profili di giganti addormentati, supini sulla terra, le colonne di fumo all’alba, gli accampamenti degli ultimi superstiti, i cani randagi fermi lungo i bordi delle strade e le loro ombre allungate a dipingere i muri, le scritte nere. La vernice che colava sulle pareti dei vecchi edifici in rovina, i mostri di cemento e mattoni, gli ulivi contorti aggrappati al suolo arido, lande desolate in attesa del compiersi di una profezia. Un tavolo di legno sul quale lo scrittore riempiva di parole il suo quaderno, distanze di anni e chilometri, respiri e ferite, i tossici schiacciati dal calore bianco, gli occhi liquidi che si scioglievano sui marciapiedi. Le curve dell’immaginazione, la busta in una mano, gli avanzi e gli stracci, il corpo ricoperto di sporcizia, nessuno ti avrebbe più chiesto il tuo nome, chi eri, quale fosse la tua storia, come eri arrivato in questo luogo. Non c’era più nessuna famiglia, gli amici erano scomparsi e insieme a loro le amanti e le puttane, solo ora potevi osservare cosa fosse rimasto di tutto quel tempo sprecato a rincorrere fantasmi ed illusioni. Aprivi gli occhi e le palme splendevano contro l’azzurro del cielo, sogni e confini, gesti d’amore, palpebre socchiuse sulle labbra del sole.
martedì 28 marzo 2017
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