Piccoli
tagli sulle dita e bruciature e voci nella mente come bianche onde sonore, gli
echi dei discorsi notturni intorno ad un tavolo, le birre e i bicchieri, le
morbide labbra di una donna, i suoi baci clandestini fuori dall’ Old Mill. I
monologhi di un personale teatro immaginario, un pubblico invisibile che rideva
e applaudiva, costruivamo frasi perché il linguaggio si trasformasse in una
prigione, sarebbe mai esistita una parola non collegata alle altre? Sarebbe mai
stato possibile distruggere ogni contesto, qualsiasi esso fosse, in cui ci
ritrovavamo intrappolati? Gabbie di significati ed eiaculazioni semantiche,
orgasmi letterari per la soddisfazione del cervello, movimenti di macchina
fluidi e delicati, il regista era seduto da una parte e fumava una sigaretta e
pensava che il lavoro e l’amore avrebbero dovuto creare mosaici di arte e vita
e ancora gli alberi e i sentieri e il limite brillante di un bosco, il suo
cuore oscuro, all’interno, dove la luce sfumava nel buio e c’erano misteri e
segreti, come nell’anima di ogni persona. Mia madre seduta da sola nella cucina
di casa, le lacrime e la tristezza nei suoi occhi. Proseguivamo su percorsi
immaginari e ogni storia poteva diventare reale, le foglie morte e gialle e
marroni, migliaia di foglie e la nebbia che circondava il profilo di una
montagna, un manto di fioca foschia, la notte che colmava di stelle il buio
infinito, gli strani incontri, i bizzarri contadini usciti fuori da qualche
sogno acido, i loro occhi erano così profondi e sapevo che avevano visto cose
che ancora dovevo scoprire, ci avrebbero pensato le sostanze psichedeliche a
mostrami quell’altra realtà, una volta che ne fossi entrato in possesso. Le
pulsazioni elettroniche, i battiti, i colpi digitali, Mike costruiva
architetture sonore e scivolavano le sue dita sulla tastiera di un pianoforte,
melodie ipnotiche, la pelle che ondeggia, gli occhi chiusi, le forme caotiche
della natura, le loro proiezioni nel vortice dei pensieri, l’improvviso
silenzio, dove mi trovo? Nel luogo esatto in cui avevi dimenticato di essere,
dentro e fuori te stesso, un corpo che cammina nel mondo, un universo che vibra
al suo interno, le frontiere che attraversiamo solo per scoprire che nulla è
cambiato, dove mi trovo? In un frammento di tempo, in una scheggia di spazio, in
una scintilla di luce che risplende nell’aurora di uno sguardo.
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