C’erano
amici per strada e in macchina, da qualche parte, perduti in un sogno e le
antiche paure come pensieri e dialoghi che prendevano forma nella sala buia del
teatro mentale e qualcuno che sussurrava silenzio mentre gli alberi e il cielo
e le nuvole, intorno, erano manifestazioni concrete di una quiete assoluta. Le
passeggiate lungo i fianchi erbosi di una collina per arrivare sulla sua cima e
guardare le altre vallate e il respiro del fianco di una montagna, allargarsi e
restringersi in una nuova prospettiva ed ennesime stanze e letti e momenti di
tristezza come se non fosse bastata la mia adolescenza a farmi fissare i soffitti
in attesa che qualcosa accadesse. Ci ritrovavamo in ruoli diversi, nelle
maschere inventate di esistenze immaginarie, recitavamo su quei palcoscenici
che cambiavano di giorno in giorno e c’era ancora sofferenza, nel cuore, quando
le parti non coincidevano ed era impossibile ricostruire un’unità di tempo,
spazio e luogo. Erano sempre e comunque i frammenti e le schegge a ferirci, le
parole non dette e quelle espresse nel tono sbagliato, le prove erano fallite e
con esse la loro protezione di gesti e posizioni ripetuti all’infinito. Rimaneva
solo l’improvvisazione, attimo dopo attimo, un istante e quello successivo,
fino a quando tutto non fosse diventato così fluido da sembrare vero, solo
allora saremmo stati in grado di credere a questa finzione e di mostrarla agli
altri. Ci sarebbero stati applausi e fischi, i battiti osceni del cuore prima
che le luci si spegnessero e il tuo corpo che avevo abbracciato per sconfiggere
l’ansia e il timore di fallire. Ci voleva coraggio ad andare avanti, ce ne
voleva tanto, ci avrebbero pensato gli anni a scavarti il viso e la fatica e l’angoscia
a renderti più umano. Una voce nella testa, la tua voce, per essere fiero di
quello che eri sempre stato, avevi scagliato sassi e macigni contro le
ingiustizie di questa terra, perché le sentivi bruciare dentro di te, non si
poteva rimanere muti in eterno, era una lotta che nessuno aveva il diritto di
abbandonare. La pace che cercavi era rinchiusa in un semplice respiro, la gioia
di lasciare aperta quella porta, perché gli altri vedessero quanto luminosa
fosse la tua purezza.
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