Le radioline accese, la domenica mattina e il rumore ovattato del traffico e poi persone che camminavano lungo i portici di Piazza Vittorio e dovevano essere i primi del Novecento e io vivevo in una stanza, proprio sotto una delle arcate e ascoltavo le voci fuori dalla piccola finestra e bevevo assenzio e fumavo oppio ed ero uno scrittore e un bohémien e un’anima solitaria per scelta e vocazione - E poi ero seduto sotto un ponte, ancora il rumore del traffico poco distante e lo scorrere placido e lento di un fiume, con i suoi ricordi di immondizie fluttuanti e poesie di lurida sporcizia e le case galleggianti attaccate lungo una delle sponde e i primi film di Pasolini e le trattorie dimenticate e il vino, i canti, gli osti dalle trippe prominenti e le eresie architettoniche di un sogno lucente e le sale oniriche di un aeroporto del futuro che mi attendevano - Avevo già comprato i biglietti per un altro volo del subconscio, seduto comodo, in una parentesi di estasi cosmica che racchiudeva come in una visione acida tutta la nostra esistenza, granelli di sabbia, fini granelli di sabbia, grattacieli dell’immaginazione, il calore sulle palpebre e gli occhi di una donna che mi guardavano come solo i tuoi occhi sanno fare mentre discutevamo e mi chiedevo se ci fosse stata almeno una volta, una singola volta nella mia vita in cui mi fossi sentito a mio agio a parlare di lavoro, qualunque esso fosse e di soldi, di guadagni, profitti e rendite e poi ho visto una ragazza passare lungo una strada e mi sono girato dall’altra parte solo per non doverla guardare e poi i riflessi, i bagliori danzanti sulla struttura metallica del ponte sotto il quale ero seduto a scrivere, le fotografie della mente, i profili, i volumi e le geometrie che solo lo scrittore vedeva, i chiaroscuri di disegni non terminati e Sara che dipingeva in una stanza mentre fuori pioveva e io ritagliavo vecchi articoli di guerra da giornali del passato, trascrivendo sul computer il diario di mio nonno, di quando era stato un soldato, perché quella memoria della sua gioventù così distante dalla mia non andasse perduta e mi avvicinasse a lui e poi altre fulgide immagini fra queste mura mentre mi passi la pipa e attendo che gli oggetti comincino a ondeggiare, a vorticare, a danzare, come in un’estasi marina, in una sinfonia oceanica di colori e suoni in movimento, i gioielli che indossi ti rendono meravigliosa amore mio perché niente esiste al di fuori di te.
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ZetaElle #32
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