sabato 14 gennaio 2023

(fuori)Roma #32

 Ero andato al lago di Bracciano, perché faceva caldo dentro casa ed era luglio e ci trovavamo nel mezzo dell’estate, quella dei ricordi, quella dell’adolescenza, quella del tempo come uno spazio informe, senza obblighi o orari da rispettare, senza un lavoro, se non quello costante dell’immaginazione. Avevo trovato una spiaggetta dalle parti di Vigna di Valle, ci ero stato un paio di volte con Sara, quando era venuta a trovarmi. Avevamo passato una settimana insieme, girovagando per Roma e fuori di essa. Ero stato bene con lei, era da tanto che non la vedevo così serena e sorridente. 

Ero arrivato al lago e mi ero sistemato vicino a degli oleandri, avevo piantato l’ombrellone, steso il pareo sulla sabbia (ferrosa e per questo rovente quando il sole iniziava a picchiare) e mi ci ero sdraiato sopra. Poi avevo tirato fuori dallo zaino Morte a Credito di Celine (che avevo intenzione di finire) e mi ero messo a leggere. Ero tranquillo, il cuore leggero e quasi nessuna preoccupazione in testa. Dopo un pò sono arrivate due signore anziane, si sono messe alla mia sinistra e hanno iniziato a parlare. La loro conversazione si è protratta per le seguenti sette ore senza interruzioni, se non per una breve pausa pranzo a un bar poco distante. Stranamente non mi sono sentito infastidito dai loro discorsi, la solita  inarrestabile sfilza di luoghi comuni su altrettanti luoghi comuni come figli, famiglia, nipoti e stronzate similari. Ogni tanto mi andavo a fare un bagno nel lago per rinfrescarmi e con mia somma gioia l’acqua che mi rimaneva nelle orecchie formava una sorta di membrana naturale che mi faceva sentire di meno, così quando tornavo sotto l’ombrellone le chiacchiere delle due donne diventavano attutite, smorzate e innocue. 

Durante la mattinata sono arrivate poi altre due donne, queste più giovani, straniere, con prole al seguito. Una di esse sembrava incapace di esprimersi se non attraverso l’uso di urla animalesche per richiamare i propri figli o quelli della sua amica. Quando invece si confidavano fra loro le due donne parlavano più piano, in rumeno e per lo meno questa differenza linguistica mi lasciava un pò di spazio libero per immaginarmi cosa stessero dicendo o per osservare le somiglianze fonetiche fra la loro lingua e la mia. Anche il loro strazio verbale è  comunque durato per svariate ore. 

Leggevo concentrato le parole di Celine e quelle delle donne mi attraversavano  il cervello quasi senza peso. L’aiuto dell’acqua nelle orecchie era poi un dono improvviso delle divinità della lettura e della solitudine. Verso l’una mi sono andato a bere una birra al bar lì vicino (dove anche le due vecchie erano sedute  a un tavolino continuando la loro maratona logorroica). Ho sorseggiato tranquillamente una Ceres, sgranocchiando delle patatine al lime e pepe rosa. Poi sono tornato a stendermi sul pareo, il chiacchiericcio circostante e il cicalare di alcuni insetti (non c’era poi molta differenza) insieme al calore e all’abbraccio dell’alcol mi hanno fato addormentare immediatamente. Quando mi sono risvegliato, più di due ore dopo, la situazione non era cambiata, tutte e quattro le donne continuavano nelle loro attività: parlare e gridare. Ho deciso di andarmene, ho raccolto le mie cose, sono tornato alla macchina, ho messo in moto e ho iniziato a circumnavigare il lago di Bracciano. 

Ho fatto una sosta a Trevignano, fermandomi un’oretta su un pezzo di spiaggia che pensavo fosse libera. Poi sono arrivate un paio di donne con i loro cani al seguito. Ci siamo di nuovo, ho pensato. Avevo questa teoria che le donne che non avevano figli per compensare questa assenza riversano la loro maternità sui cani. Mi sembrava orribile. Ho fatto anche un bagno, l’acqua era una merda. Così me ne sono riandato verso la macchina, scoprendo un cartello che non avevo visto quando ero arrivato, che diceva Bau Beach, cioè un pezzo di spiaggia (proprio quello in cui mi ero fermato) in cui i cani e i loro proprietari erano liberi di divertirsi e stare insieme. Pazienza, non sarei ritornato in quel luogo. 

Era quasi sera e la luce stava diventando quella dei sogni e delle visioni. Ho guidato in questo stato leggermente trascendentale fino a casa. Mi sono fatto una doccia, ho stappato una birra e mi sono seduto in terrazza. Il cielo stava diventando rosa, poi viola, poi blu cobalto. Ho pensato a Sara e a quanto mi sarebbe piaciuto averla accanto in questo istante.


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