Gli occhi chiari di un ragazzo arabo mentre mi sta parlando e non capisco nulla di ciò che sta dicendo e una spiaggia su cui altri ragazzi hanno catturato un gigante gabbiano e lo stanno uccidendo a colpi di remi, per poi legarlo a una tavola da surf e dargli fuoco, una scena violenta e raccapricciante, il gabbiano in agonia, le urla silenziose di chi sta partecipando e osservando e io sono nell’aula di una scuola e apro la finestra e mi sporgo e cerco di gridare, di fargli capire di smetterla ma la mia voce è senza suono e le mie labbra si muovono come in una pantomima muta - Seduto in una sala, di notte, davanti ad uno schermo, mentre altre persone scivolano intorno in quella che potrebbe essere l’area di un museo o di una villa e ci sono immagini di film che non sono molto interessato a vedere e arriva Lynn portandomi degli auricolari affinché possa ascoltare dialoghi inesistenti o forse perché i nostri lontani discorsi divengano di nuovo reali e scorrono nella mente alcune immagini dei nostri incontri per poi sfumare nell’intreccio di altre storie e sconosciute sequenze - Marco e Lorenzo vagavano all’interno delle stazioni metropolitane, nell’ipnotica intenzione di girare un film, aggrappandosi a frammenti di imprevisti e tentazioni lisergiche e Lorenzo portava un casco che ne nascondeva i lineamenti e incontri con sconosciuti che svanivano nell’oblio delle gallerie sotterranee - Nella stanza c’era una barocca struttura architettonica con tubi blu che si intrecciavano e qualcuno parlava di anarchia e giustizia e dei sogni perduti di un mondo migliore, quelli che appartengono alla giovinezza e non andrebbero mai dimenticati, prima che i colori delle passioni si sciolgano nel bianco e nero dei ricordi che ne catturano l’essenza e la rielaborano nel tessuto onirico di nuovi fotogrammi in arrivo, come i treni nel reticolo sotterraneo dell’inconscio, quando non esistono più mappe da tracciare e smarrirsi è l’unica maniera per proseguire, di passaggio in passaggio, risveglio dopo risveglio, una labirintica e infinita fuga e il tuo volto addormentato sulla superficie amniotica di un’istante svanito, i tuoi che si allontanano, perché sia presente e sconfinata la tua essenza nel centro scuro e palpitante del mio cuore.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
ZetaElle #20
Ancora antichi borghi, profili di anziani seduti nell’ombra, ricordi di pellicole mai girate se non fra le piaghe di menti raggrinzite e d...
-
I dolori iniziano lunedì mattina, al lavoro. Durante la lezione mi tocco il lato destro della bocca e sento crescere una...
-
Per capire il significato di quella perdita dovresti passare almeno cinque o sei anni con una stessa persona e vederla tutti i giorn...
-
Ce l’hai una sigaretta? - chiede il tossico. Non fumo, mi dispiace – rispondo. Allora che me la vai a cercare? No, non ho quest...
Nessun commento:
Posta un commento