lunedì 7 aprile 2025

ZetaElle #28

 Tornato in città Zito Luvumbo si era ritrovato pieno di cose da fare e organizzare. Simulazioni di guerriglia urbane per le strade dei quartieri, con assalti di bande di latinos ai negozi dei bengalesi, le risse davanti a Termini o nelle stazioni metropolitane vicine per il controllo delle attività di borseggio e spaccio, infiltrazioni all’interno delle manifestazioni, lancio di oggetti e bottiglie contro la polizia, incendi dolosi nelle discariche, immissione nel mercato di nuove sostanze stupefacenti. 

Zito Luvumbo incontrava persone, dava suggerimenti e mai ordini, perché quel tipo di comunicazione e attitudine non rientrava nella sua natura, organizzava, creava trame alternative, inventava gli intrecci, poi spariva così come era venuto. 

Non aveva sempre lo stesso aspetto, ma gli altri quando lo incontravano, sapevano che era lui e seguivano, alla lettera, come ipnotizzati, le sue parole. Aveva diversi appartamenti, nella città, in cui abitare, denaro a disposizione, macchine per gli spostamenti. Eppure c’era sempre un territorio psichico, un luogo neutrale al suo interno, che Zito Luvumbo lasciava libero e nel quale trovava l’energia per ricaricarsi o per allontanarsi dalle sue azioni. Uno spazio sicuro dal quale osservarsi senza mai nessun giudizio, perché oltre i limiti delle nostre presunte protezioni era la vita stessa a condurci e ciò che facevamo perdeva importanza perché era il semplice susseguirsi dei nostri gesti a riempire il tempo e così non c’era più molta differenza fra un percorso e un altro, un modo di condotta e il suo opposto - Dal di fuori, dagli occhi di un testimone idealisticamente neutrale, tutto non era altro che un’allucinazione, una messinscena psicotica. Un subbuglio di avvenimenti caotici. Era compito dello scrittore, poi, dare forma e possibilmente stile a questo materiale. 

Zito Luvumbo a volte faceva anche il suo lavoro, altre, invece, si immergeva nei personaggi, sconfiggendo paura e noia, asservendosi alle esigenze di scena, al denaro e alle ricompense, uccidendo il pensiero per sublimare se stesso nella bellezza del gesto, dell’atto di rivolta o punizione.

La città era in subbuglio e le nuove strategie stavano per essere sperimentate, insieme al perfezionamento delle vecchie. Migliaia di stranieri, di immigrati, di poveri, di miserabili erano pronti per essere arruolati e usati. Poi il silenzio delle strade livide all’alba quando Zito Luvumbo camminava solitario fra le prime luci del giorno, fuori dagli obblighi della finzione, scrutando il mondo che avrebbe voluto e che poi, per amore del caos, avrebbe senza ragione distrutto.


ZetaElle #28

  Tornato in città Zito Luvumbo si era ritrovato pieno di cose da fare e organizzare. Simulazioni di guerriglia urbane per le strade dei qua...