Il tempo si dilata,
senza lavoro senza impegni. Larghi e comodi cuscini verdi. Una bottiglia di
acqua. La mente si dilata in cerchi sempre più ampli. Il tempo è il respiro. Il
controllo del tempo è il controllo del respiro. Un albero fuori dalla finestra
si muove calmo nell’aria. Anni fa, nella mia stanza, sotto l’effetto della
salvia divinorum avevo visto un paesaggio montagnoso dall’alto, ero io un aereo
in volo e un’elica che girava, il punto di vista era poco sopra l’ala destra,
lo stesso paesaggio ho rivisto pochi giorni fa, dopo aver superato le Ande;
nella mia stanza, anni fa, le montagne e le crepe della terre erano tornate ad
essere le pieghe dei pantaloni della tuta e della felpa che portavo. La mia
gamba piegata. Uno stridore di freni dalla strada, nessun incidente. Birra
ghiacciata, pisco sour prima e dopo
pranzo. Strani sogni. La Chevrolet rossa rovinata, con parti mancanti. Una
dedica e un disegno su un libro sconosciuto. Una chitarra appoggiata al muro,
con quattro corde. Gli arpeggi della mente, i drappeggi dei quadri del
rinascimento italiano. I raggi della ruota di una bicicletta. Circonferenze
mnemoniche. I primi segnali di un viaggio acido. I contorni delle cose che
iniziano a tremolare, a farsi più luminosi, le immagini vengono distorte dolcemente, una ruota che
gira, spirali bluastre, la realtà scissa in vortici silenziosi.
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