Lynn e il professore
guardavano le nuvole che si muovevano nel cielo. Nuvole grigie e acquose, su un
cielo già scuro. Si passavano delle bottiglie di birra, seduti sugli scalini di
una chiesa. Lei gli raccontava delle esperienze con la mescalina, dei suoi
capelli, del contatto delle sue dite con i capelli, mentre li accarezzava, in
una nuova percezione. Lui le raccontava delle esperienze con la psilocibina,
dei colori caldi, il viola, l’arancione, il rosso, di come avesse visto le vene
della sua mano scorrere, di come si fosse trasformato in un albero, del cambio
delle prospettive, cose immensamente grandi, cose immensamente piccole. I
quadri di Brueghel in un museo. L’inverno, la neve, il silenzio. Lui fissava un
quadro e poteva vedere i piccoli uomini e le piccole donne sul ghiaccio
muoversi, i vestiti rossi, gli uccelli nel cielo, la città azzurrina in
lontananza, la trappola sulla neve.
Lynn gli disse che trovava la scrittura di
Kerouac così emozionante, fluida, ricca e il professore le disse che aveva
ragione, che le parole di Kerouac erano come un fiume in cui tutto scorreva e
pulsava ed erano piene di vita; poi lei gli disse, guardando le persone che
camminavano, che ogni persona ha una mente e ogni mente è un universo e lui le
disse che ogni persona vedeva le cose da un punto di vista diverso, milioni di
punti di vista diversi e nonostante questo gli uomini e le donne cercavano di
capirsi, di scambiarsi esperienze, di parlare di qualcosa che per ognuno era
differente.
Si passarono di nuovo la birra e rimasero in
silenzio a guardare le persone che camminavano, le nuvole che si muovevano nel
cielo.
Le prime gocce di
pioggia iniziarono a cadere.
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