Volammo
ancora, attraversando la notte, gli occhi del vecchio erano luminosi,
sembravano fari accesi, i raggi di luce che proiettava sulle pietre facevano
nascere ombre, antichi esseri di un popolo perduto che fuggivano veloci, di
lato, allungandosi e scomparendo, questo è il popolo delle ombre – disse il
vecchio – la loro lingua è quella degli opposti, della lotta tra la luce e il
buio, erano migliaia, li vedevo uscire fuori dalle pietre, parlavano attraverso
il movimento, la fuga, una breve e veloce esistenza ripetuta in molteplici e
oscure figure. Arrivammo in una valle ancora avvolta dalle tenebre, la
temperatura era molto bassa, avevo freddo, il vecchio batté più forte sul
tamburo per far salire il mio calore corporeo, ci posammo sul suolo e le forme
dei vulcani iniziarono a mostrarsi, l’alba stava arrivando e fumi densi si
alzavano da buchi nella terra, c’era odore di zolfo e il suono di una lingua
misteriosa simile a quello dell’acqua che sta bollendo, la luce avanzava,
mostrando i pendii delle montagne che avevamo intorno, piante dalle sfumature
giallastre e ancora rocce sulfuree e i fumi che salivano, avvicinati – disse il
vecchio, mi feci più vicino ad una di quelle pozze e vidi l’acqua sotto forma
di bolle d’aria, salire sempre più intensamente, poi mi allontanavo e l’acqua
sembrava calmarsi, iniziammo una strana danza, simile ad un arcaico dialogo tra
l’uomo e la natura, quegli spiriti erano imprevedibili, solitari, si
disperdevano nell’aria, cambiavano la loro sostanza fisica, nascevano
dall’acqua che incontrava il calore della terra per poi diventare aria, non
volevano essere disturbati, mi sedetti accanto ad uno dei buchi fumanti più
grandi e iniziai a diventare anche io vapore, fino a svanire a oriente, dietro
i vulcani, nel cielo ormai chiaro.
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