Pensiamo a molte cose quando siamo da soli, lasciamo che il flusso mentale scorra disordinato, in maniera irrequieta, sarebbe ancora meglio non pensare affatto, lasciare la mente calma, libera come accade quando ci sentiamo in armonia con noi stessi e mentre sono seduto su un gradino di marmo davanti a un portone di metallo, lascio che i miei pensieri evaporino al sole, perché c’è un bel sole, oggi, un cielo perfettamente azzurro, c’è vento e i rami sono agitati, le foglie iniziano a staccarsi e a cadere per terra, tessendo tappeti sui marciapiedi e sulle strade e sono seduto e bevo da una bottiglia di plastica trasparente e mi vengono alla mente immagini e sensazioni di una piscina, dei tuffi in quella piscina, l’acqua fredda sulla pelle e poi il calore di un telo e di una sdraio e avevo ventisei o ventisette anni e in parte già avevo capito l’inganno della vita, non tutto, ma un’idea me l’ero fatta e guardo in alto ed è scomparsa la piscina e l’isola e le pietre enormi dalle forme tondeggianti e si staglia contro il cielo un palazzo, questo palazzo bianco, in cui vedo una nave, non so perché, ma questo palazzo, a volte, nella mia mente diventa una nave, nei giorni di sole, specialmente, come questo e adesso sono in pausa, fuori dall’ufficio e la strada è abbastanza silenziosa e sono ancora seduto e chiudo gli occhi e i pensieri scorrono senza forma e senza sostanza, fluidi e mi arriva al naso un odore di caffè e c’erano pomeriggi, quando ero uno studente, in cui subito dopo pranzo, quando ero a casa di mia madre, mi mettevo sul letto, a riposare e questa stessa luce, che si riflette ora nei vetri delle finestre del palazzonave, filtrava dalla persiane socchiuse e io, lentamente, scivolavo nel sonno, sotto una coperta leggera. Quando mia madre tornava, preparava il caffè, quell’odore mi svegliava, mi alzavo, ne prendevo una tazzina e mi mettevo a studiare, il tempo non conosce errori, siamo solo noi a riempirlo con le nostre miserie.
mercoledì 15 luglio 2015
martedì 7 luglio 2015
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lunedì 6 luglio 2015
homesick #22
Li avevano sbaraccati i miserabili che si erano accampati alla destra del tunnel, c’ero passato di nuovo una mattina, per andare al lavoro e loro non c’erano più, i poliziotti avevano recintato la zona in cui si erano sistemati, per alcune settimane, con le loro tende, gli stracci, le valigie e le coperte, altri uomini in divisa poi avevano tagliato i rami degli alberi che stavano lì intorno, che avevano protetti i miserabili dal sole e dalla pioggia, ora quegli alberi sembravano mani con le dita mozze - avevano recintato tutto, anche la zona sul lato opposto, dove i miserabili andavano a pisciare e svuotarsi le viscere, c’era un odore nauseabondo quando ci passavi vicino e loro ci avevano vissuto poco distanti e alla fine, come tutte le cose, anche loro erano spariti. Era rimasto solo un signore indiano, viveva in una piccola tenda, vicino all’edicola, era l’unico che non avevano cacciato. Lo vedevo spesso, quando tornavo, seduto su una sedia pieghevole di legno, accanto ad un camion parcheggiato, che beveva sorsi di vino rosso da una bottiglia di plastica. Non ci eravamo mai parlati, ogni tanto ci scambiavamo uno sguardo.
Il sabato ero stato a Villa Borghese con Maria e alcuni amici, avevamo mangiato e bevuto seduti su una coperta rosa stesa sull’erba, sotto gli alberi, in una meravigliosa giornata di fine ottobre, la luce era dolce e l’aria fresca e Maria aveva preparato una salsa di melanzane e una di yogurt e tagliato carote e sedani - avevamo del pane, del formaggio e del prosciutto e abbiamo iniziato a mangiare tranquillamente, a parlare, così ho stappato una bottiglia di merlot che è finita in poco tempo, allora ne ho stappata un’altra e poi le cose si sono fatte più intense e le nuvole in cielo si muovevano e così le cime degli alberi, oscillando nell’azzurro, Maria ci ha versato un bicchiere di pisco sour, era molto buono ed è andato giù che era una meraviglia ed eravamo tutti allegri e le ragazze parlavano e ridevano e io mi sono steso un po’ sulla coperta perché gli alberi e le nuvole giravano veloci e ho chiuso gli occhi e mi sono assopito per una ventina di minuti. Poi mi sono rimesso seduto, sulla coperta rosa e ci siamo bevuti un’altra bottiglia di vino, abbiamo mangiato delle pastarelle e il sapore della crema e della cioccolata stava bene in bocca, insieme a quello del vino, la testa mi girava ancora, ma in un modo piacevole, divertente, poi qualcuno ci ha riaccompagnato a casa e io mi sono addormentato immediatamente, appena mi sono steso sul letto, Maria era accanto a me, disegnando sul suo quaderno di meraviglie incompiute.
sabato 4 luglio 2015
le alte torri #11
giovedì 2 luglio 2015
freewheelin' #24
ZetaElle #28
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