mercoledì 15 luglio 2015

homesick #23

Pensiamo a molte cose quando siamo da soli, lasciamo che il flusso mentale scorra disordinato, in maniera irrequieta, sarebbe ancora meglio non pensare affatto, lasciare la mente calma, libera come accade quando ci sentiamo in armonia con noi stessi e mentre sono seduto su un gradino di marmo davanti a un portone di metallo, lascio che i miei pensieri evaporino al sole, perché c’è un bel sole, oggi, un cielo perfettamente azzurro, c’è vento e i rami sono agitati, le foglie iniziano a staccarsi e a cadere per terra, tessendo tappeti sui marciapiedi e sulle strade e sono seduto e bevo  da una bottiglia di plastica trasparente e mi vengono alla mente immagini e sensazioni di una piscina, dei tuffi in quella piscina, l’acqua fredda sulla pelle e poi il calore di un telo e di una sdraio e avevo ventisei o ventisette anni e in parte già avevo capito l’inganno della vita, non tutto, ma un’idea me l’ero fatta e guardo in alto ed è scomparsa la piscina e l’isola e le pietre enormi dalle forme tondeggianti e si staglia contro il cielo un palazzo, questo palazzo bianco, in cui vedo una nave, non so perché, ma questo palazzo, a volte, nella mia mente diventa una nave, nei giorni di sole, specialmente, come questo e adesso sono in pausa, fuori dall’ufficio e la strada è abbastanza silenziosa e sono ancora seduto e chiudo gli occhi e i pensieri scorrono senza forma e senza sostanza, fluidi e mi arriva al naso un odore di caffè e c’erano pomeriggi, quando ero uno studente, in cui subito dopo pranzo, quando ero a casa di mia madre, mi mettevo sul letto, a riposare e questa stessa luce, che si riflette ora nei vetri delle finestre del palazzonave, filtrava dalla persiane socchiuse e io, lentamente, scivolavo nel sonno, sotto una coperta leggera. Quando mia madre tornava, preparava il caffè, quell’odore mi svegliava, mi alzavo, ne prendevo una tazzina e mi mettevo a studiare, il tempo non conosce errori, siamo solo noi a riempirlo con le nostre miserie. 


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