Intellettuali polacchi in fuga da tundre messianiche, il teatro di Grotowski allestito in capannoni segreti, gli attori ingerivano funghi allucinogeni prima di ogni rappresentazione, le parole sottratte e le immagini sessuali mancanti, i giorni passati sulla spiaggia di Newport Sands nascosti fra le dune, le miriadi di scintille sulle onde, le morbide linee del paesaggio, la delicata mano del Grande Pittore, gli echi mattutini di visioni primordiali, gli elementi naturali in combinazioni poietiche, l’origine dei rituali, uomini in costumi piumati, nudi e danzanti, io e Luca in macchina, andando chissà dove, riunioni oniriche di gruppi adolescenziali in subbuglio, i volti invecchiati di vecchi compagni di scuola, gli itinerari nel subconscio di una città intrappolata in un eterno crepuscolo, le erezioni che l’alba trasformava in piloni dell’alta tensione, le file immobili di macchine abbandonate su autostrade deserte, i contorni tremolanti dei palazzi in lontananza, il caldo riverbero di linee geometriche sul punto di sciogliersi, gocce di asfalto squagliate nel tempo, cortocircuiti di identità represse, i nuovi documenti, la vita clandestina, alcuni di noi erano fuggiti, altri si erano perduti nei propri templi di psicosi compulsive, i laboratori e le cavie del masochismo contemporaneo, centinaia di celle in file algebriche elettrizzate, gli scienziati moltiplicavano i livelli di interazione e sofferenza fisica, demoniache invenzioni parallele, le grida si trascinavano inermi lungo pavimenti di sudore ghiacciato, le foto quadrate di teste mozzate, chi eravamo, chi saremo, niente altro che algida putrefazione.
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ZetaElle #32
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