Le fessure nella roccia, il respiro delle pietre, gli alberi sospesi, le ombre dai contorni verdi e luminosi, gli antichi profili delle montagne, le linee di un corpo nudo disteso sul calore del giorno, la sabbia solida, la terra spaccata dal sole, fango e argilla. Il vento e la sua danza invisibile, una donna vestita di bianco camminava silenziosa lungo sentieri di mistero ed estasi, ore trasformate in rifugi di tempo, il perimetro di uno spazio inventato dall’anima nel quale sedersi ed aspettare. Il digiuno, l’assenza delle parole e la visione, in un attimo improvviso, di quello che eri sempre stato senza neanche saperlo, di tutto quanto sarai costretto a dimenticare per poi riviverlo di nuovo. Le feste di polvere e liquori, i balli, i canti, i cavalli al galoppo lungo orizzonti dorati, gli enormi cactus di San Pedro, il profumo del rosmarino, della menta e dell’artemisia, le tracce di uomini scomparsi in ere senza più nome, un varco, una soglia, un ennesimo passaggio per mondi diversi. Realtà multiple, parallele, una all’interno dell’altra, i percorsi onirici, il volo, i volti invecchiati, le stanze e le città che mi avrebbero atteso, la mano che scrive un romanzo che la vita renderà sincero al tuo cuore, le finzioni rituali e i costumi piumati, le gabbie d’argento e le fughe di perla. Il deserto disteso su dune di villaggi in fiamme, utopie incendiate, ancora il movimento, ancora la quiete, non c’erano più domande che lei mi avesse posto, perché tutte le risposte che le avevo regalato si erano addormentate fra lenzuola di sospiri e rinunce. Rimanevo ancora seduto a guardarla, poi si sarebbe alzata, in un attimo di bellezza e smarrimento e io l’avrei seguita, con passi leggeri, perché sapevo che mi avrebbe portato con lei, in tutti quei luoghi in cui la meraviglia di perdersi sarebbe diventata reale.
domenica 29 dicembre 2019
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