lunedì 9 novembre 2020

Orgiva #17

Luci nella montagna e odore di pioggia nella notte e le piantagioni di marijuana di Nick nascoste chissà dove - Provavamo canzoni in una stanza, mentre lo scrittore cercava qualcosa da bere, i ricordi di serate passate a suonare e improvvisare con amici svaniti nel tempo - Gli incontri che si ripetevano in ordine casuale nelle vie ancora assolate di Orgiva - Alex, Paul, Sebastian, Carol, Clarabelle, Brian - Apparizioni oniriche in un sogno all’interno di un sogno dal quale non si poteva fuggire, se non nel continuo ripetersi di un illusorio risveglio dopo l’altro - Stazioni di rifornimento in costruzione e tossici traballanti sulle gambe di gomma in attesa della prima pera della giornata, c’era un’educazione alla miseria fra queste strade e vicoli che sembrava perfetta per i derelitti che vi si strascinavano nelle ore che la ragione aveva dimenticato di trasformare in un’attesa senza motivi e speranze - Il cuore tendeva sempre a indurirsi e le parole a diventare cattive e ce ne voleva di fatica a renderle di nuovo mansuete e le emozioni e i pensieri con esse - Sdraiato sul letto a respirare lo scrittore stava apprendendo velocemente come scivolare accanto alle ombre dei miserabili e ad assomigliare a una di loro, prendeva appunti sui bordi luridi dei marciapiedi, poi il fotografo catturava figure inesistenti e le rendeva reali in composizioni monocromatiche - Prova a muoverti in questa oasi di disperazione senza aiuti chimici o etilici, suggeriva il fantasma di Angelica, senza sostanze che ti facciano partire il cervello per le sue danze incontrollate - O forse sarebbe meglio lasciarsi trascinare da questi balli selvaggi e finire incoscienti in un letto o in un cesso, con la testa fra le mani e la lingua, come quella di un cane, moribonda fra le labbra secche e spaccate? - Vociare di stelle e frammenti di infinito e un biglietto aereo per un ritorno a una normalità distrutta e abbandonata, la casa di mio padre, i dischi, le chitarre, un’accogliente solitudine, il silenzio - Qualcuno avrebbe dovuto ringraziare le divinità dei Muri e delle Porte, che almeno la possibilità di sbattere fuori da uno spazio personale tutto quello che ti disturbava te la davano ancora, ma i rumori e le parole degli altri cercavano sempre di insinuarsi fra di esse e nelle crepe delle nostre percezioni, tentando di strisciarci dentro, sussurrava Stephen, un filo paranoico - Respirare, respirare, respirare - Avevo un folle documentario da montare e un ennesimo romanzo da concludere, in un’altra città e non qui avremmo messo ordine in questi tumulti artistici, in un altro passato che avrei trasformato in malinconiche fotografie mentali - La luce del tramonto era meravigliosa e nessuno ti avrebbe mai detto che non era la sua solitudine a risplendere nel profondo dei tuoi occhi ma solo la bellezza che ognuno di noi possiede nei misteri del proprio cuore.

Nessun commento:

Posta un commento

ZetaElle #32

  Sequenze di combattimenti fra le strade e persone in fuga, i rumori in lontananza degli spari e un senso di panico e come una vibrazione n...