Stavano di nuovo per chiudere i bar o quello che ne restava nella memoria delle persone, niente più colazioni, chiacchiere inutili, circoli idioti davanti a un bancone, intorno a un tavolino, a me sembrava una cosa buona, era come mettere un freno alla stupidità della gente e alla loro logorroica insulsa loquacità, alle loro fastidiose parole, soprattutto di mattina, quando il silenzio avrebbe dovuto essere un sorriso di comprensione reciproca sulle labbra chiuse di tutti - Dovevo ammettere che le mascherine funzionavano a pieno, in questa ottica e che le distanze sociali ponevano due metri di sicurezza fra me e l’incomoda e disturbante presenza degli altri intorno - Ci sarebbe stato un coprifuoco durante la notte e questo significava meno rumore, meno chiasso, meno urla, significava strade vuote e locali chiusi, più la situazione della pandemia peggiorava, più il mio sogno di un mondo senza rompicoglioni diveniva reale.
Avevo “La Peste” di Camus sul comodino e ne leggevo qualche pagina ogni giorno, soprattutto se c’era il sole e qui c’era quasi sempre. Profondità morali ormai scomparse e dimenticate nelle sue parole. Avevo comprato un biglietto aereo per tornare a Roma, senza una reale intenzione, giusto per darmi una scadenza, il volo era a metà di dicembre, solo per mettermi di nuovo davanti alla possibilità di ritrovarmi a vagare nella mia città, di cui non me ne fregava più un cazzo. Rimaneva ancora parecchio tempo e sapevo che le cose, anche se adesso mi sembravano confuse e tristi, avrebbero trovato il loro modo di accogliermi dentro di esse e la vita mi avrebbe mostrato di nuovo la sua misteriosa maniera di trascinarmi con lei. Era un periodo di pausa, questo, di stasi, di introspezione e quiete, quando ero solo. E così avrei dovuto viverlo, senza troppi problemi e senza troppe domande.
Non molto da fare, dunque. Se non attendere, tenere la mente libera e i pensieri puliti. Sarcasmo e ironia nei momenti difficili. Il tempo da trasformare in respiri, le immersioni nello spazio interiore, le albe e i tramonti e il vuoto che ci ammanta e ci avvolge senza più il bisogno di inventare nomi per tutte le illusioni che lo travestono di decisioni che nessuno ci ha mai chiesto di prendere.
Nessun commento:
Posta un commento