Ci siamo andati a bere un paio di pinte nel pub vicino alla marina, già c’erano alcuni degli altri uomini che vivevano nei barconi acconto a quello di Luis, uomini sfiancati dal tempo ma che ancora avevano voglia di riempirlo in qualche modo, tatuaggi sulle braccia e occhi lontani, era lunedì e non era neanche mezzogiorno e la vita continuava a fluire senza che la maggior parte di noi sapesse dove ci stesse portando, meglio così, pensava lo scrittore, dando un altro sorso alla sua birra.
Le strade di Londra erano come un labirinto di consumismo senza via d’uscita, i negozi ti accompagnavano ovunque, alla destra e alla sinistra della tua visuale, nel continuo famelico tentativo di catturarlo e di trasformarlo in un bisogno, poi si innalzavano improvvisi edifici e palazzi fra esplosioni di luce nelle nuvole e orde e onde di persone nelle strade e alcuni folli che si muovevano fra di esse, perduti in un sogno, in una visone senza fine, questa dimensione indescrivibile, questa estasi nichilista e spirituale, violenta e luminosa, continuava ad affascinare lo scrittore, fino al punto di fargli sperare che arrivasse anche per lui il momento della sua resa definitiva, quando si fosse ritrovato finalmente solo e libero, senza nessuna identità o regola prestabilita, in una fluida e splendente improvvisazione, senza leggi morali se non quelle del proprio cuore e della propria malinconia.
Non chiedere nulla a chi non sappia ascoltarti, non dire nulla a chi non sappia ascoltarti, non chiedere nulla a chi non sappia ascoltarti.
Rimani in silenzio, brilla, esplodi, scompari.
Il vuoto della mente, quello senza confini della nostra essenza.
Un altro giorno di pioggia, un altro giorno di pioggia, un altro giorno di pioggia.
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