Zito Luvumbo leggeva libri di poesia in riva al mare o su una sdraio sotto un ulivo, in un’oasi mentale nella quale era fuggito, con i contorni di isole allungate sull’orizzonte, profili azzurrini d’aria che la terra con i suoi limiti sembrava solo profanare e piccoli giardini con alberi di arance e limoni e cespugli di rosmarino lungo pendii sorretti da grossi massi lunari. E poi le passeggiate e la voce del mare e gli echi delle estati passate e di quando anche lui era stato un ragazzo e poi il dolore di ogni amore finito, di ogni separazione e con esso un’intima necessità di essere altro da sé. Tutte le nuove identità che gli avevano dato o che lui stesso aveva costruito, perché la fuga divenisse un modo per difendersi e svanire, oltre l’apparenza di decisioni sempre mutevoli e forse neanche mai prese. Zito Luvumbo e le sue storie ancora da raccontare, i presagi di un destino differente, le ombre di qualcuno che si allontana da te, toccando con le sue dita lidi lontani, una luce che tremola nel buio, perché anche noi siamo tenuti a passare e a svanire, così come ogni onda che vediamo arrivare e che ogni orma lasciata un giorno cancellerà.
sabato 7 dicembre 2024
ZetaElle #16
Appartamenti notturni di cui possediamo la chiave per entrare, stanze vuote e ingombre di ricordi infantili, simboli fallici che vengono spezzati e poi silenzio e telefonate che speravo non sarebbero più arrivate. Lo scrittore aspettava di rimettersi in cammino, senza meta e soprattutto senza più nessuna malsana idea di voler ritornare. Ci pensava sempre la notte a creare quello che esisteva al suo interno e oltre di esso. I sogni rimodellavano in un ordine diverso e casuale le nostre esistenze e l’energia fluiva e si disperdeva e le fantasie erotiche apparivano solo come stupide e inutili rappresentazioni adolescenziali, te la ricordi ancora quella fremente trepidazione giovanile di farsi una sega? Chiedeva lo scrittore a sé stesso. Eppure in quel teatro panico e sensuale avevano preso forma vizi e perversioni e del puro atto sessuale poco era rimasto, travolto e trasfigurato dal pandemonio pornografico fino a quando ogni possibilità della libido fosse stata omologata in un canale di fruizione onanistica e per questo ripetitiva e ossessiva, diventando consumo e dipendenza e nulla più.
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