mercoledì 4 dicembre 2024

ZetaElle #15

 Lo spirito di Zito Luvumbo, alzato e trasportato in aria, nel cielo - Visioni del mare e di isole, di derive e approdi, un mare calmo, non come quello attraverso il quale era arrivato in Italia, un mare tranquillo, come fosse quello interiore, durante i periodi di meditazione - Una luce tenue, quella dell’alba o del tramonto, un tempo sospeso dove le uniche voci ancora presenti erano quelle della memoria e i suoni apparivano e scomparivano in una amniotica attesa, il divenire era il fluire e non c’era distinzione fra l’oggi e il domani, perché il passato era il presente e noi vivi e poi svaniti in un luogo che nell’attimo successivo non sarebbe più esistito.

E Zito Luvumbo aveva ancora negli occhi i cadaveri dei naufragati, dei barconi rovesciati, dei corpi che riaffioravano senza vita e poi al loro posto arrivavano immagini bibliche di migliaia e migliaia di pesci morti, uccisi dal caldo e dalla presenza di alghe assassine, argentee e poi putride presenze sulla superficie dell’acqua e così di quegli uomini e di quelle donne affogate non c’era più traccia e le spiagge erano diventate deserte e le orme di chi ci era passato erano state cancellate dai riflussi delle maree. 

E Zito Luvumbo si sentiva come senza peso, senza pensieri, senza forma e sostanza e pensava in sequenze incomplete, lontane dal linguaggio e forse aveva  trovato la libertà, quella che nessuna parola ci ha mai saputo spiegare.

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