E Zito Luvumbo aveva ancora negli occhi i cadaveri dei naufragati, dei barconi rovesciati, dei corpi che riaffioravano senza vita e poi al loro posto arrivavano immagini bibliche di migliaia e migliaia di pesci morti, uccisi dal caldo e dalla presenza di alghe assassine, argentee e poi putride presenze sulla superficie dell’acqua e così di quegli uomini e di quelle donne affogate non c’era più traccia e le spiagge erano diventate deserte e le orme di chi ci era passato erano state cancellate dai riflussi delle maree.
E Zito Luvumbo si sentiva come senza peso, senza pensieri, senza forma e sostanza e pensava in sequenze incomplete, lontane dal linguaggio e forse aveva trovato la libertà, quella che nessuna parola ci ha mai saputo spiegare.
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